lunedì 2 settembre 2019

Finalmente la Verità Finale su Genesi, esoterismo, creazionismo

Chi siamo? Da dove veniamo? Dio esiste? Come hanno fatto gli Egizi a costruire piramidi che noi oggi non potremmo realizzare nello stesso modo? Hanno imparato da Atlantide o dagli alieni? Perché nell’Evoluzionismo c’è un anello mancante? Perché la Bibbia distingue i figli di Dio dai figli dell’Uomo? Chi sono i “Giganti“ della Genesi e di tanti miti sparsi per il mondo? I fantasmi esistono? Il diavolo esiste?

Ho passato una vita a scuola, sui libri, sui siti specialistici per rispondere a queste domande. Ma spesso ho scoperto che molte nozioni che mi venivano insegnate erano incomplete, incorrette, a volte addirittura false. In questo percorso, sono stato coadiuvato dalle teorie di Graham Hancock e Robert Bauval, prima considerate eretiche e 20 anni dopo largamente accettate, poiché presentano evidenze inconfutabili. Per quasi 10 anni ho militato nella principale organizzazione esoterica, cioè una di quelle che pretendono di detenere verità nascoste, nozioni che alla fine sono molto conosciute, poco dirimenti, che hanno esiti più materiali che esoterici. Durante la messa la mia attenzione veniva catturata da alcuni elementi molto ermetici, sia nella lettura del Nuovo Testamento, sia in quella di alcuni libri dell’Antico Testamento, o almeno quelli più rilevanti. Ma tutte le domande che mi sono fatto, approfondite tramite libri che andavano dai biblisti a Zecharia Sitchin, da Papa Ratzinger a Mauro Biglino, sono rimaste senza risposta per molti anni. Sono perlopiù elencate nel post qui: https://aftermanict.blogspot.com/2016/08/biglino-antibiglini-e-lantico.html

Rileggendo oggi il post di allora e alla luce del presente post, alcune risposte che mi ero dato già intuivano le nozioni di cui sto per trattare, ma rimanevano comunque incomplete. Finché casualmente un collega mi ha parlato di don Guido Bortoluzzi e delle rivelazioni che gli sarebbero state fatte direttamente da Dio nel corso di 10 anni. Ecco che, dopo molti anni a studiare tali rivelazioni, sfidarle mettendole in relazione
 alle scritture dei popoli antichi, cercare falle e punti deboli, ad un certo punto mi sono dovuto arrendere all’evidenza: tutto torna e tanti cerchi si chiudono, anzi oserei dire che si chiudono tutti i cerchi che ho potuto trovare nella mia breve ma intensa esistenza. In questo post propongo una sintesi degli sociologici che hanno caratterizzato il mio percorso a partire dalluniversità, che integrano i racconti fatti da don Guido, nonché un elenco di riscontri che mi hanno fornito 30 anni di studi di Scritture, fonti ufficiali, testi sacri di altre culture. Inoltre, citerò alcuni estratti del libro “Genesi Biblica” scritto da Renza Giacobbi, che è curatrice dei racconti di don Guido. La versione italiana completa del libro è disponibile gratuitamente a questo indirizzo: http://www.donguidobortoluzzi.com/libri/italiano/genesi_biblica_v.pdf
In questo post userò il carattere grande corsivo per rappresentare le parole e le riflessioni di don Guido, il carattere grande non corsivo per rappresentare le considerazioni dell’autrice. Ho volutamente scambiato o riadattato alcuni passi per renderli più logici nella lettura, ma i links esterni consentono a chiunque di leggere i testi originali. Lopera completa è disponibile gratuitamente presso il sito dell’Associazione che porta il suo nome, tradotta in molte lingue, i cui riferimenti sono in fondo a questo post. Ma noi Italiani abbiamo il privilegio e la responsabilità di poter fruire di questo racconto senza traduzione, mediazioni, errori. La Chiesa non si è ufficialmente espressa né a favore, né contro il proprio sacerdote, ma vedremo che un papa molto amato fece propria un’affermazione di don Guido. Questa Rivelazione è scritta con l’iniziale maiuscola dalla curatrice perché, come lei stessa spiega, si tratta di una rivelazione divina. In tal caso dovrebbe rientrare nelle cosiddette ”rivelazioni private”, cioè quelle rivelazioni speciali fatte ai Santi; ahimè questa non è annoverata tra quelle poche che la Chiesa ha riconosciuto ufficialmente e pertanto preferisco utilizzare la lettera minuscola.

“Ci sono in mezzo tante carte da buttar via. Faccia uno spoglio a casa sua. Qui non c’è lo spazio. E si ricordi che proverà tanta solitudine, perché nessuno che si accinga a lavorare per il Signore ne è risparmiato.”

Con questa frase don Guido investe Renza Giacobbi, una signora sua parrocchiana, del compito di riordinare appunti e visioni. Come lei, chi voglia intraprendere la lettura anche solo di questo post decide di investire il proprio tempo per guadagnare un pezzo di cielo. Invece a chi deciderà assumersi l’impegno più importante, cioè distribuire questo messaggio, don Guido avverte che chi lavora per il Signore soffre di solitudine. Io stesso ho potuto sperimentare questa solitudine molte volte quando ho cercato di parlarne a qualcuno: è fisiologico e lo spiegherò più avanti. Possiamo cominciare.

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L’essere umano ha una capacità cerebrale limitata, sia in termini di memoria, sia in termini computazionali e il nostro cervello è come un supercomputer che qualcuno si è anche divertito a misurare: 1 ExaFLOP di calcoli al secondo e 2,5 PetaByte di hard disk. Queste stime non si possono reputare come accurate a causa della differenza tra il modello di elaborazione delle informazioni dell’essere umano e quello della macchina, tuttavia ci danno un’idea dei limiti che il cervello ha quando ragiona e dei meccanismi di approssimazione che è costretto ad utilizzare. Per fare un paragone, il supercomputer giapponese Fugaku ha una capacità di elaborazione di circa 2 exaFLOPS e 150 PetaByte, che però non riescono a sostituire un singolo essere umano.

Durante l’infanzia ognuno di noi sviluppa il proprio Sè attraverso gli stimoli esterni, che interiorizziamo: pulsioni istintive quali la fame e la sete, la curiosità e la paura, ma anche gli eventi traumatici, le scoperte, l’esempio e gli insegnamenti che riceviamo dalle figure genitoriali. Dopodiché costruiamo il nostro Sè, in positivo e in negativo, e via via costruiamo approssimazioni su noi stessi e sul mondo es. se ci troviamo vicino ad una fiamma rossa, diamo per scontato che possa ustionarci e istintivamente ci terremo lontani anche se si trattasse di un ologramma. Ma siamo soggetti anche ad approssimazioni più complesse ad esempio se i nostri genitori si dimostrano costantemente insoddisfatti di noi e dicono che non combineremo mai nulla nella vita, ci convinceremo di essere incapaci e ci comporteremo di conseguenza: è la cosiddetta “profezia autoavverante”. Tali esperienze formano nel nostro cervello approssimazioni, preconcetti e scorciatoie mentali, che risparmiano al nostro cervello il costo cognitivo di elaborare le informazioni e che ci hanno evolutivamente mantenuto in vita fino ad oggi: infatti, se l’uomo delle caverne vedeva un leone, non si faceva troppe domande e scappava. Tali scorciatoie e approssimazioni sono i cosiddetti “bias cognitivi”, a volte sono utili, alte volte si dimostrano fatali. Ad esempio, se facciamo troppo affidamento sulla nostra bravura, alla guida rischiamo di morire, di fronte ad una truffa rischiamo di caderne vittime, più in generale vedremo il mondo con occhi appannati.

Capire i bias ci serve a comprendere cosa passa nella nostra mente quando automaticamente proviamo un sentimento o compiamo un’azione. Per spiegare i bias, ci aiuteranno due teorie: la Teoria del Doppio Processo e la Teoria del Cervello Trino. La prima teoria, attribuita al filosofo e psicologo americano William James che l’avrebbe teorizzata nell’800, è stata resa popolare dal libro “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman (premio Nobel per l’Economia nel 2002) . Questa teoria divide la mente in due parti:
  1. Sistema 1 – costituisce il 95% dell’attività cerebrale, controlla tutte le nostre normali funzioni che non necessitano di un pensiero, anche perché durante la gran parte della giornata non abbiamo il tempo per pensare a cosa fare: gesti routinari, reazioni istintive, movimenti da compiere in una frazione di secondo.
  2. Sistema 2 – è il restante 5% dell’attività cerebrale, che usiamo quando pensiamo attivamente, ad esempio quando leggiamo o scriviamo, quando cerchiamo la soluzione ad un problema, quando elaboriamo un pensiero critico.
La seconda teoria è stata elaborata da Paul D. MacLean negli anni ‘60  e considera il cervello come una sovrapposizione di tre parti:
  1. Cervello rettiliano – è la parte associata agli impulsi istintivi delle funzioni vitali quali la sopravvivenza al pericolo e al dolore, l’alimentazione, la riproduzione e il territorio. È la parte meno sviluppata, più vicina alla spina dorsale e quindi più veloce nell’inviare messaggi al resto del corpo, che ci consente di fuggire di fronte al pericolo senza doverci pensare troppo.
  2. Cervello limbico – quando da rettili ci siamo evoluti in piccoli mammiferi, si è aggiunta la parte del cervello collegata alle emozioni, che si intenerisce di fronte ai cuccioli e si emoziona.
  3. Neocorteccia – è la parte che si è formata quando ci siamo evoluti in primati ed è sede delle funzioni quali il linguaggio, il ragionamento astratto, l’uso degli strumenti e l’autoconsapevolezza.
Anche in questo caso, la neocorteccia si attiva molto meno frequentemente delle altre due parti e in particolare del cervello rettile (cioè dell’istinto). Quindi, per ricapitolare, i segnali provenienti dall’esterno influenzano la percezione del Sè, concorrono a riempire il Sistema 1 (cervello rettiliano + cervello limbico) e lì si formano i bias. Il modo con cui li utilizziamo influenzano anche il nostro tipo e stile di personalità es. l’aggressività di fronte a determinate situazioni, per cui ci vengono incontro altre approssimazioni quali il modello MBTI e il modello DISC. Ma perché è stato necessario fare questo inciso?

Il Vangelo ci invita ad amare il prossimo. Ma come puoi amare qualcuno che ti ha tradito, o ti ha offeso intimamente, oppure un delinquente? Naturalmente è impossibile, a meno che tu non conosca le cause profonde del modo di comportarsi dell’uomo. Rimanere semplice spettatore del comportamento (proprio e altrui) impedisce di sviluppare un sentimento di comprensione che ti permetterà di amare anche ciò che è sgradevole, sapendo che di quel comportamento spesso non hai colpa, ma ne sei vittima. L’amore evangelico per te stesso e per il prossimo sembra una mèta irraggiungibile, ma la conoscenza profonda della natura umana ti verrà in soccorso, ispirandoti la tolleranza e il perdono per te stesso e per gli altri. E quando cambi il tuo atteggiamento verso il prossimo, scopri con sorpresa che anche gli altri di riflesso cambiano.

Il Vangelo dice che Gesù, alla fine della Sua missione, disse ai Suoi apostoli: «Avrei ancora molte cose da dirvi, ma per ora non siete in grado di portarne il peso» (Gv 16,12). Secondo il libro, Gesù sottintendeva che tale rivelazione sarebbe rimasta aperta e che, quando gli uomini sarebbero stati in grado di “portarne il peso”, cioè di capire correttamente ciò che era stato loro rivelato, essa avrebbe avuto un seguito. Persino la Genesi è un libro ermetico: per leggerla e capirla è necessario possederne la chiave. Questa chiave è sempre stata nelle mani del Signore fino a pochi anni fa, cioè fino a quando Dio ha ritenuto che gli uomini fossero diventati abbastanza istruiti da comprendere alcuni processi importanti, soprattutto in campo genetico. Infatti, se tale rivelazione fosse arrivata prima sarebbe stata inutile e invece, rivelata oggi alla luce della Genetica, chiarisce e spiega ciò che nella Genesi è raccontato sotto forma di metafore o di simboli. Così Dio ci ha aperto le porte della conoscenza: ci ha spiegato il senso di molte metafore che avevano sviato la nostra interpretazione ed erano diventate un inciampo alla nostra comprensione. Perciò quelli che un tempo erano ritenuti misteri, oggi non lo sono più. Cercherò di applicare un metodo logico, come fece il Signore con don Guido, in questo post elaborato durante mesi di impegno, fatica, ricerca:

Era proprio questo che il Signore voleva: insegnargli a ragionare, a dedurre, a collegare, ad usare la mente insieme al cuore. Avrebbe potuto dirgli semplicemente: “Guarda, questa è Eva…, questo è Adamo… e le cose sono andate così e così….”. Invece no! Il Signore non lo voleva passivo. Egli vuole che ciascuno di noi entri nella Sua logica dopo aver capito i ‘perché’. Vuole che la Verità sia una conquista desiderata, motivata, magari anche sofferta, ma raggiunta per mezzo della libertà e della volontà.

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Tutte le specie, compresa quella umana, sono state create non adulte, ma in seme, cioè prima la cellula del primo esemplare e poi quella del secondo esemplare. Questa è stata la regola con cui il Signore ha creato ogni specie di esseri viventi. Perciò è sempre stato necessario disporre, ancor prima della creazione, di un luogo dove poter far germogliare queste cellule e far crescere il feto fino alla nascita. Per ottenere questo risultato il Signore si è sempre servito dell’utero di una femmina di una specie già esistente, la più somigliante a quella che voleva innestare: questa femmina veniva usata come incubatrice biologica. La prassi richiedeva due passaggi: prima la creazione dello zigote (cioè il gamete femminile e quello maschile insieme) del primo esemplare della nuova specie; poi la creazione di un solo gamete che fecondasse il gamete che questo nuovo esemplare avrebbe prodotto naturalmente al raggiungimento della maturità sessuale. Nessun gene della femmina usata come incubatrice passava mai al feto della nuova specie: passava solo il nutrimento. Questo concetto è importante perché significa che Dio ha sempre usato la creazione diretta per ogni specie: cioè, una volta creati i primi due esemplari, la specie era completa e doveva solo moltiplicarsi secondo se stessa. Come conseguenza logica, le prime generazioni incorrevano nell’incesto, mantevano intatti i caratteri e non avevano tare ereditarie perché la specie era perfettamente creata. Inoltre, pare che Dio non crei mai una seconda volta ciò che ha già creato e che l’evoluzione, l’adattamento, la selezione naturale sono concetti esistenti, validi, creati e voluti da Dio; ma riguardano il fenotipo e non il genotipo.

I Figli di Dio avrebbero dovuto conservare l’appannaggio esclusivo dell’incesto, ma invece furono imitati dai cosiddetti “figli dell’Uomo”, evidentemente ignoranti delle proprie tare genetiche e dei risultati disastrosi che derivano da tale pratica abusiva. Anzi, gli uomini praticavano l’incesto in perfetta buona fede, poiché lo consideravano un costume legittimo. Alcuni esempi di matrimoni incestuosi sono costituiti da Abramo, che sposò la sorellastra Sara con cui condivideva lo stesso padre; ma anche da suo figlio Isacco ed entrambi i suoi nipoti Esaù e Giacobbe, che sposarono tutti le rispettive prime cugine. Tale tradizione è stata tramandata come “incesto regale” o “sacrale”, cioè appannaggio necessario a particolari caste, anche in altre culture, dall’Antico Egitto agli Inca. Ad esempio, per i faraoni tale pratica era una prescrizione sia regale che sacrale, e comunque parte integrante della dottrina dell’essenza divina:

http://www.treccani.it/enciclopedia/incesto_%28Universo-del-Corpo%29

Mentre per tutti gli animali Dio creò sempre prima la femmina e poi il maschio, per la specie umana creò prima il maschio, affinché proteggesse la femmina nella sua tenera età. Anche per la creazione del primo Uomo e della prima Donna c’era bisogno di una incubatrice biologica. E perché la loro prima cellula potesse sopravvivere e alimentarsi, il Signore usò come incubatrice l’utero di una femmina di una specie già esistente, una specie intermedia fra la scimmia e l’Uomo. Gli appartenenti a questa specie intermedia furono chiamati dal Signore “ancestri”: non erano uomini, ma animali a stazione eretta, ovvero ominidi pelosi con le gambe molto corte, miti e abili, più intelligenti delle scimmie, ma pur sempre animali e privi della parola. Secondo don Guido avevano 48 cromosomi come le scimmie, perché erano geneticamente incompatibili con l’Uomo, come del resto tutti gli animali. Erano stati voluti da Dio per essere d’ausilio all’Uomo nelle fatiche dei campi, nel trasporto di pietre o in qualunque altro compito che richiedesse anche un po’ di ingegno. Questa specie è scomparsa allo stato puro ora, perché vive fusa nell’uomo (e vedremo presto per quale motivo).

La femmina ancestre, predisposta dal Signore per essere l’incubatrice della prima coppia umana, era eccezionalmente giallastra e senza pelo. Perciò appariva meno brutta delle altre femmine della sua specie: aveva il tronco di una donna, forse per agevolare l’allattamento, ma la testa e gli arti erano simili a quelli delle sue sorelle ancestri. Sempre eccezionalmente aveva 47 cromosomi, cioè uno in meno degli individui della sua specie e uno in più della specie umana, poiché era stata creata da Dio con geni compatibili con il DNA umano. Tale caratteristica probabilmente era necessaria per evitare il rigetto del feto umano durante la gestazione e questa particolarità la rendeva idonea a concepire sia dall’Uomo che dal maschio della sua specie. Ed è su di lei che don Guido vide scendere dall’alto, come un puntino illuminato, lo zigote, ovvero la prima cellula completa che diede origine al primo Uomo. 15 anni più tardi questa femmina partorì anche la prima Donna: Dio dunque attese che l’Uomo avesse superato la pubertà, perché voleva che ne fosse il padre, cioè voleva che Adamo fosse il capostipite dell’intera umanità, quindi anche della prima Donna. Mentre per il concepimento dell’Uomo Dio era intervenuto con la creazione di entrambi i gameti, per il concepimento della Donna Dio era intervenuto creando solo il gamete femminile, cioè l’ovulo. Quindi Dio è stato per Adamo sia padre che madre, come disse anche Giovanni Paolo I in un Angelus pronunciato proprio dopo aver incontrato don Guido, suo vecchio compagno di seminario:

https://w2.vatican.va/content/john-paul-i/it/angelus/documents/hf_jp-i_ang_10091978.html

(Incredibilmente, tale affermazione è la prima frase che si trova nella pagina di Wikipedia sempre dedicata a questo Papa: https://it.m.wikipedia.org/wiki/Papa_Giovanni_Paolo_I)

Con questo atto si completa il sesto giorno. La Donna fu plasmata dalla costola di Adamo, cioè fu concepita dal seme di Adamo, nel sonno, perché questi non se ne accorgesse. Il motivo di quel sonno era dovuto non solo ad una delicatezza di Dio nei confronti del giovane, ma anche ad una precauzione affinché non vedesse (e non ripetesse) il meccanismo. Adamo non aveva compreso quanto era accaduto, ma lo capì alla nascita della bambina: avendo visto tanti cuccioli di ancestre, quando vide la propria somiglianza con la piccina si rese conto di esserne parente e sollevò la neonata al cielo come per dire a Dio che quella era sua figlia. Non fu un gesto di amore o di riconoscenza, come tutti avremmo pensato, ma di arroganza e di superbia. La frase biblica che gli viene attribuita «Questa è carne della mia carne e ossa delle mie ossa» non è un atto di ringraziamento a Dio, bensì la rivendicazione di ciò che egli ritiene essere esclusivamente suo. È da quel momento che nasce in Adamo il piano per avere dalla stessa femmina ancestre altri figli altrettanto belli che siano totalmente suoi, escludendo Dio: egli crede di aver carpito a Dio il segreto della vita, perché non sa che in quel concepimento Dio è intervenuto creando un ovulo della specie umana perfetta. Egli pensa che solo il seme del padre dia origine alla nuova creatura, come il seme che germoglia nel solco della terra e pertanto non crede al Signore quando gli raccomanda di non toccare, né di mangiare, ovvero di non “conoscere” (in senso biblico) quella femmina. Infatti, senza l’intervento di Dio, da tale “conoscenza” sarebbe derivata la morte intesa come estinzione della specie perfetta: il primo peccato di Adamo è quello di non essersi fidato di Dio. Quando la femmina ancestre, che segue i ritmi naturali dell’estro animale, va in calore e prende inusuali iniziative verso Adamo, egli capisce che è il periodo fertile e che è arrivato il tempo tanto atteso per generare un altro figlio. Ma ha fatto male i propri conti perché non sa che, senza l’intervento creatore di Dio, quella femmina può generare solo figli ibridi (esattamente come fu scoperto da Mendel). Dunque, poiché uno dei doni preternaturali è l’immunità dagli impulsi disordinati, il movente del peccato di Adamo non fu il desiderio sessuale, ma fu piuttosto un calcolo freddo e lucido che aveva come scopo la creazione di una discendenza autonoma, senza Dio. Don Guido comprende che quell’atto è il peccato originale, cioè quel peccato in grado di generare conseguenze disastrose e durature che affliggono geneticamente tutto il genere umano. Don Guido comprende altresì che, se la Bibbia dice che il peccato originale fu commesso da Adamo ed Eva, e la femmina ancestre era stata la partner di Adamo in quel peccato, quella che noi chiamiamo Eva non è la Donna, ma la femmina ancestre! Inoltre, constata che la prima vera Donna, che a quel tempo era ancora una infante, è del tutto estranea a quel peccato: la Donna è innocente.

La Bibbia dice che in mezzo al paradiso terrestre cerano due alberi: “l’Albero della Vita” e “l’albero della conoscenza del bene e del male”. Sono due espressioni metaforiche: per albero si intende lalbero genealogico. La femmina ancestre poteva dare sia frutti buoni (del bene), perché aveva partorito con l’intervento di Dio i primi due Figli di Dio, sia frutti cattivi (del male), poiché partorirà Caino, un ibrido concepito senza l’intervento di Dio: è lei l’albero della conoscenza del bene e del male. Invece l’Albero della Vita è la Donna, perché partorirà Abele, dotato del patrimonio genetico perfetto. Nella visione avuta da don Guido non appare la figura del Tentatore, perché don Guido racconta solo cose materiali e visibili ai suoi occhi: non può vedere un soggetto metafisico quale è Satana. Sta a noi comprendere attraverso il contesto ciò che la dottrina ci insegna, cioè che la tentazione si è insinuata in lui, ha influenzato il suo pensiero e ha sedotto la sua volontà. Dunque né Eva (la femmina ancestre soprannominata “serpente” da Mosè a causa del suo viso), né la Donna sono responsabili del peccato di Adamo: la colpa ricade totalmente su Adamo, come ripete anche San Paolo nella Lettera ai Romani (Rm 5,12; Rm 5,18).

Mentre tutti gli animali hanno solo un corpo fisico ed una psiche, sia pur molto semplice, l’Uomo e la Donna originari e i loro discendenti legittimi (che la Genesi chiama i Figli di Dio”) avevano anche lo Spirito di Dio. I loro requisiti rispecchiavano ogni perfezione e il loro aspetto era maestoso: erano alti due metri e mezzo, bellissimi, iperdotati nel fisico e nella psiche, avevano tutti i doni preternaturali e soprannaturali, un’intelligenza elevatissima e un perfetto controllo della propria volontà. Per questo erano a tutti gli effetti i Figli legittimi, idonei a ricevere e a trattenere lo Spirito di Dio, esseri trinitari composti di corpo, anima e Spirito. Lo Spirito è come l’Anima dell’anima: l’anima è la parte invisibile che si eredita per via genetica dai genitori, mentre lo Spirito non si trasmette per via genetica, ma viene generato dall’Alto, direttamente da Dio. Per gli originari Figli di Dio, lo Spirito entrava nell’Uomo nell’attimo del concepimento; mentre noi figli degli uomini, che abbiamo perso la perfezione iniziale con il peccato originale e con essa lo Spirito (Gn 6,3), lo riacquistiamo nel momento in cui diventiamo figli “adottivi” di Dio in Gesù con il Battesimo. Inoltre, anche i Figli di Dio morivano fisicamente, perché – come diceva don Guido – chi nasce muore, cioè passa dall’altra parte della vita. Ma loro salivano al cielo in Spirito, anima e corpo, sebbene in altra dimensione, come la Vergine Maria che sperimentò la dormizione. Invece i disobbedienti, dopo la morte fisica, dovevano affrontare la purificazione. Ma allora Adamo, se era perfetto, come ha potuto sbagliare? Ricordiamo che Dio ha dato la libertà, ovvero il libero arbitrio, a tutte le Sue creature, perché fossero realmente simili a Lui. La libertà ci permette di scegliere fra il bene e il male, la possibilità di scelta ci rende liberi e ci distingue dagli animali, oltre alla parola. Quindi, nel progetto di Dio era contemplata anche la possibilità che l’Uomo sbagliasse, come è successo anche a Lucifero e agli angeli ribelli. Dio ha creato i Suoi Figli “idonei”, ma non ha mai imposto la Propria volontà a nessuno: ha informato Adamo delle conseguenze che sarebbero derivate meccanicamente da un suo eventuale libertinaggio, cioè l’estinzione della specie perfetta e l’incapacità di ibridi mezzi animali di trattenere lo Spirito.

Il Signore spiega a don Guido che: «L’autore del primo omicidio (Caino) è un uomo disperato, ma non è del tutto responsabile. Il vero responsabile è suo padre che, per la sua disobbedienza e presunzione, è la causa prima di tanti mali e del disordine del mondo. Il padre non lo ha ucciso e non lo ucciderà, perché Caino è figlio di Uomo e uomo lui stesso. I difetti, e anche il comportamento aberrante della sessualità umana, sono dovuti alla disobbedienza presuntuosa del primo Uomo». Caino era un handicappato dal punto di vista intellettivo e il suo aspetto era quello di una scimmia, ma era anche un uomo perché aveva l’uso della parola. La sua natura tarata si rispecchiava nellaspetto esteriore e nelle qualità interiori: erano compromesse le capacità intellettive, la capacità di discernere il bene dal male, la sfera affettiva e quella volitiva. Era maligno, vendicativo e malizioso, cioè era corrotto in tutto ciò che riguarda l’anima. E poiché le qualità dell’anima si trasmettono geneticamente come si trasmettono i caratteri esteriori, la discendenza di Caino ereditò tutte le tare fisiche e morali della sua natura geneticamente corrotta. Inoltre Caino è la prima vittima del peccato di suo padre perché, oltre ad avere l’aspetto di un animale, la sua anima tarata è spiritualmente morta, cioè è priva dello Spirito di Dio. Infatti Caino, nella sua animalità, non è in grado di trattenere lo Spirito di Dio: non ne è colpevole, ma la sua inidoneità è uno stato di fatto. Caino sarà soltanto figlio dell’Uomo e non Figlio di Dio, perché l’Uomo-Adamo aveva volutamente estromesso Dio dal suo concepimento per avere figli unicamente suoi. Ecco perché Gesù insiste a chiamarsi figlio dell’Uomo, inteso come figlio dell’albero genealogico di Adamo ed Eva: si è fatto uomo come noi per farci diventare come Lui.

Caino è un uomo: lo contraddistinguono l’uso della parola e i 46 cromosomi tipici degli uomini, mentre gli ancestri ne hanno 48. Solo sua madre Eva ne ha 47, poiché è stata creata idonea alle due gravidanze dei Figli di Dio. Da qui deduciamo che Eva, pur essendo animale, ha un genoma compatibile con quello umano: per questo Caino non sarà sterile e infatti tutti noi discendiamo da lui. Abbiamo visto che la parola era il segno che lo distingueva come uomo dagli ancestri-animali: era quel famoso “segno di Caino” di cui ci narra la Genesi mosaica, che gli serviva per non essere scambiato per un ancestre e non essere ucciso. Infatti, dopo la morte di Abele, l’Uomo stermina gli ancestri per scongiurare l’eventualità che l’albero selvatico venga ancora “mangiato da altri Figli dell’Albero della Vita. L’ incompatibilità degli ancestri non costituisce un pericolo di ibridazione, ma Adamo non può saperlo: il pericolo arriva solo da Caino con i suoi 46 cromosomi, il quale è handicappato e squilibrato, ma deve essere risparmiato in quanto uomo. Evidentemente, la presenza di Caino e della sua discendenza fa parte del progetto redentivo che Dio ha stabilito per poter salvare Adamo e quei Figli ribelli che vennero dopo di lui: ovviamente Dio desidera il loro ravvedimento. Cacciato dal padre, Caino vagherà per i luoghi limitrofi e incontrerà sua madre, Eva, dalla quale avrà dei figli. Quindi noi siamo anche figli di Eva e don Guido descrive l’infelice coppia con ironia: «lei bestia simile a donna, lui uomo simile a bestia». Adamo non riconosce che la colpa di questo fratricidio è principalmente sua, avendo messo al mondo un incapace contro il volere di Dio. Perciò non chiede perdono a Dio e, anzi, si vendica riproponendosi di non generare altri Figli. Quindi ad Adamo rimangono solo due figli maschi, due rami genealogici: Caino, fatto a immagine e somiglianza degli ancestri, e Seth, nato subito dopo Abele e fatto a immagine e somiglianza di Adamo e della Donna. I due fratellastri hanno discendenze distinte: quella di Caino è descritta al capitolo 4 della Genesi mosaica, mentre quella di Seth è descritta al capitolo 5. Ricapitolando, poiché i due fratellastri hanno un unico padre ma madri diverse, da Adamo sono state originate due discendenze: una legittima che ha per capostipiti Adamo e la Donna, detta Albero della Vita, ovvero dei Figli di Dio; e una illegittima e ibrida, detta dei figli degli uomini, che ha per capostipiti Adamo ed Eva, la femmina definita “albero genealogico selvatico, o “albero della conoscenza del bene e del male.

La Bibbia dice che da quei rapporti promiscui nacquero i giganti, uomini possenti e violenti dai quali «Dio ritirò il Suo Spirito» (Gn 6,3), sebbene fossero discendenti dei Figli di Dio. In questo modo, la stirpe dei Figli di Dio perse progressivamente la propria integrità fino ad estinguersi totalmente come stirpe perfetta. L’inizio del sesto capitolo della Genesi dice che «quando i Figli di Dio videro che alcune figlie degli uomini erano desiderabili per avere conoscenza” (ossia per avere rapporti generativi) le presero in moglie». È più probabile, diceva don Guido, che le abbiano prese come concubine anziché come mogli, per avere da loro schiavi più forti e intelligenti. Così le due discendenze si mescolarono e questo ripetersi del peccato originale fu chiamato “il secondo peccato, che era più grave del primo perché fu compiuto da Uomini consapevoli dell’esito di quei rapporti. Per questo Eva viene detta “la madre di tutti i viventi: a causa di questa totale mescolanza genetica, oggi praticamente siamo tutti ibridi discendenti di Adamo ed Eva, «animali di una nuova specie», come disse il Signore a don Guido nell’ultima rivelazione. In conclusione, senza l’adozione a figli di Dio nel Battesimo, siamo semplicemente creature intelligenti. Noè fu l’ultimo Figlio di Dio sulla Terra e per questo necessariamente dovette sposare una donna ibrida. Dopo che il Diluvio Universale eliminò in un sol colpo tutti quei rami fisicamente e spiritualmente irrecuperabili, la specie umana ripartì meno inquinata di quanto non lo fosse prima. Quindi siamo tutti discendenti dei figli di Noè: siamo tutti ibridi, geneticamente tarati, privi della perfezione psicofisica originaria e di conseguenza privi dello Spirito di Dio. Anche la nostra anima è tarata, cioè non è più spiritualmente vivente, e per questo tutti abbiamo bisogno della Redenzione.

Tutto torna: un Diluvio che dovrebbe essere avvenuto attorno al 10.500 a.C., una civiltà avanzata spazzata via dall’acqua, le teorie di Graham Hancock che si realizzano. La mitica civiltà che possiamo idealmente chiamare Atlantide in realtà era costituita da diverse civiltà, che hanno lasciato in tutto il globo segni tangibili di conoscenze perdute. Quelle civiltà non erano divine, ma erano semplicemente i Figli di Dio dotati di doni preternaturali e pertanto di competenze innate, come ci descrivono le visioni di don Guido relative ad Adamo. E qui faccio una digressione su tali dei, che presentano sempre le stesse caratteristiche: hanno comportamenti molto umani, doni preternaturali, ad un certo punto spariscono dalla storia e non vi fanno più ritorno. Se pensiamo alle fattezze dei Figli di Dio (altissimi, super competenti) e a quelle dei primi uomini (con un volto simile ai serpenti perché derivavano dagli ancestri, come notò anche Mosè) capiamo perché, in assenza di una tale rivelazione, venga facile associarli a civiltà aliene sconosciute: esseri dalle fattezze umanoidi o rettiloidi venuti da un altro pianeta. Quello che le teorie alieniste non spiegano è il motivo per cui tali civiltà sarebbero arrivate in zone specifiche, semplicemente navigando e quindi senza astronavi, avrebbero civilizzato gli abitanti e non sarebbero più tornate. In definitiva, non hanno conquistato la Terra, non hanno instaurato città iper tecnologiche, né hanno lasciato traccia: se si fossero fusi con gli uomini, il ricordo sarebbe vivo solo grazie alle tradizioni. Infatti, l’impressione che traiamo dallo studio delle tradizioni delle culture più antiche è lo scimmiottare gli usi e i costumi delle entità che essi consideravano divine. Ma naturalmente, come abbiamo detto per l’incesto, un costume praticato per uno specifico motivo da esseri di razza pura dà un risultato ben diverso quando viene praticato dal genere umano, che nemmeno ne conosce la vera ragione.

Ad un certo punto della Storia, la Terra era in una fase di glaciazione e i suoi abitanti, uomini e Figli di Dio imbastarditi tra loro, pensavano sempre al male. Allora avvenne una catastrofe naturale, probabilmente uno scioglimento dei ghiacci che provocò l’innalzamento del livello del mare, uragani e distruzione: in una parola, un diluvio. Quindi probabilmente il Diluvio non era un castigo divino, ma – al pari del Peccato Originale – era semplicemente la conseguenza della cupidigia degli abitanti della Terra, egregiamente descritta nella Genesi e da don Guido come il “secondo peccato originale. È una situazione analoga a quella odierna: dopo la cosiddetta PEG (Piccola Era Glaciale) conclusasi nel 1850, le attività umane hanno dato il via ad un impressionante ritiro delle lingue glaciali che si erano sviluppate nei cinque secoli precedenti. La catastrofe sarà la naturale conseguenza dell’irrefrenabile corsa al profitto che ci accomuna con gli uomini di Atlantide e anche noi ci ritroveremo in pochi superstiti a dover reinventare la civiltà nel corso delle generazioni. Dopo il Diluvio Universale, Dio nella Sua Bontà infinita non ha lasciato l’umanità al buio per millenni in attesa di inviare Suo Figlio Gesù come Salvatore. Invece, è intervenuto costantemente prima ancora di parlare ai profeti: ha creato nuovi gameti perfetti che, innestati in donne sterili di cui la Bibbia ci porta qualche esempio (Sara, Rebecca, Rachele, Elisabetta, le Anne tra cui la mamma di Maria), hanno dimezzato di volta in volta il grado d’inquinamento genetico del nuovo nato. In tal modo, il genere umano è stato recuperato lentamente, benché solo parzialmente. Anzi, possiamo notare che non a caso le matriarche del popolo ebraico sono sterili. Addirittura i genitori di Maria (Anna e Gioacchino) erano entrambi sterili e pertanto Maria è nata da due gameti perfetti, esattamente come Adamo: ciò ha permesso a sua volta a Gesù di nascere da altri due gameti perfetti. L’Immacolata Concezione sarà argomento di approfondimento tecnico e scientifico più avanti.

Caino non ha alcuna colpa della sua condizione e tuttavia si trova escluso dal Regno dello Spirito. Parrebbe un’ingiustizia di Dio, ma non è così. I figli illegittimi dell’Uomo, sebbene non colpevoli, non hanno alcun diritto presso Dio, perché Adamo – oltre alla libertà – ha ricevuto da Dio stesso la potestà su ogni creatura (Gn 2,19). Il termine Adamo” non significa “fatto di terra, ma “Dominus Terrae (cioè Padrone della Terra, Signore della Terra): ecco a quale “Signore” Caino e Abele usavano offrire il frutto del proprio lavoro. Così la proprietà e la giurisdizione degli uomini ibridi è passata ad Adamo: siamo tutti figli della disobbedienza, nasciamo proprietà del Disobbediente, siamo diseredati. È soltanto per Grazia, cioè per dono gratuito, che Dio ci elargisce nuovamente lo Spirito attraverso la Sua Misericordia, il cui significato è “dono del cuore al misero. E poiché il Cuore di Dio è lo Spirito stesso, Dio attraverso la Misericordia dona all’uomo misero il Suo Spirito. La Grazia, questo Flusso di Spirito che è Vita divina, non è un nostro diritto, ma è un Suo dono! L’unico nostro diritto-potere è di accogliere questa Grazia conformandoci alla Sua Volontà. È per questo che Gesù ha dato la Sua vita in cambio della nostra libertà: ci ha riscattati, ci ha spiritualmente “comprati” a caro prezzo, come dice San Paolo. Gesù ci ha comprati da Adamo pagando di tasca sua quel prezzo che sarebbe toccato ad Adamo stesso e così ci ha liberati, ma non automaticamente redenti: vengono redenti solo coloro che accolgono Gesù come loro Signore, Re e Salvatore.

Molto si è discusso su chi tra Fede e Scienza abbia un primato sull’altra. Sono diatribe illogiche e inconsistenti, poiché la vera Scienza non potrà mai essere in contrasto con la Fede: entrambe provengono da Dio. L’evoluzionismo, nato con Darwin (che non intendeva contestare la Fede), si staccò ben presto dalle sue origini per diventare neoevoluzionismo, cioè un prodotto dell’ideologia illuminista che aveva come obiettivo quello di combattere la Fede. Tale teoria affermava che la natura si evolve per caso, del “caso” fece una bandiera, affermò che l’uomo deriva dalla scimmia per spontanea evoluzione e sostenne questa tesi mostrando reperti di transizione più o meno veritieri. L’ambiente e la selezione avrebbero avuto un ruolo determinante nella trasformazione di una specie in un’altra, contravvenendo a quanto dice la Genesi con risoluta insistenza, cioè che «ogni specie si moltiplica secondo la propria specie». Non tenne in debito conto che fra le scimmie e l’uomo vi è un salto da 48 a 46 cromosomi, e si pensava che la scienza prima o poi lo avrebbe spiegato. Ma più la scienza approfondiva il problema, più quella eventualità si mostrava praticamente impossibile: la riduzione cromosomica è la pietra contro la quale si è infranto l’evoluzionismo.

“Genetics Analysis of Genes and Genomes” è uno studio onesto e libero da pregiudizi edito da Jones & Bartbett. È stato condotto da Daniel L. Harti e Elizabeth W. Jones, scienziati non condizionati dall’ideologia, che hanno dimostrato in modo inequivocabile come ogni sottrazione o aggiunta di un cromosoma (anche parte di esso) porti sempre a malformazioni significative, se non addirittura all’impossibilità della vita. Il grande salto qualitativo è stato possibile grazie alla scoperta dei funzionamenti della cellula attraverso la biologia molecolare, che è una disciplina assai recente. Tutte le sindromi genetiche accadono quando nella prima cellula del nuovo individuo, cioè nello zigote, si crea una disarmonia che aumenti o sottragga materiale genetico. Allora si instaura automaticamente una sindrome che nella maggior parte dei casi porta all’espulsione dell’embrione. Ora, per passare dal numero dei cromosomi della scimmia a quelli dell’uomo, occorrerebbe un passaggio senza danni al nuovo individuo dai 48 ai 47 cromosomi, e poi ancora dai 47 ai 46 cromosomi. Ma non è così: se in un individuo della specie umana si toglie un cromosoma, riducendo il numero complessivo dei cromosomi da 46 a 45, il risultato è una monosomia, cioè un solo cromosoma al posto di una coppia. Nessuna riduzione di un cromosoma in una qualsiasi coppia di cromosomi dalla prima alla ventiduesima, cioè in tutte le coppie di cromosomi che codificano prevalentemente i caratteri somatici, consente l’attecchimento dell’ovulo fecondato e pertanto impedisce il buon esito del concepimento. I rari casi di monosomia, cioè la perdita di un cromosoma, si verificano solo nella coppia 23, la coppia che determina il sesso e che ha i cromosomi xy per il maschio e xx per la femmina. E infatti i feti che sopravvivono alla nascita sono tutti di sesso femminile. Inoltre, nell’esperimento condotto in questo studio, l’aspettativa di vita degli 8 feti che riuscirono a sopravvivere alla gravidanza si mostrò ridottissima e tutte queste femmine, una volta nate, dimostrarono incapacità riproduttive causate dalla mancanza di compiutezza degli organi riproduttivi (tabella 8.2 a pag.309 della VI Edizione). Questo studio ha dimostrato che la riduzione cromosomica non esiste in natura e che il passaggio dalla scimmia all’uomo è solo un’ideologia. Poi esistono i casi di trisomie, ossia una coppia di cromosomi presenta un cromosoma in più. Le trisomie non sono l’effetto di una riduzione da 48 a 47 cromosomi, ma di un eccesso: non potrebbe verificarsi se il DNA di alcuni individui non si ricordasse che l’attuale specie umana ha avuto per padre Caino con i suoi 46 cromosomi e per madre Eva con i suoi 47 cromosomi. Alcuni portatori di trisomie sopravvivono alla nascita, ma tutti presentano gravi sindromi genetiche con profonde malformazioni e con una bassa aspettativa di vita: pensare che la specie umana derivi spontaneamente da quella delle scimmie è pura fantasia, perché questa possibilità non esiste. Inoltre, si dovrebbe presumere che la riduzione cromosomica porti a migliorie della specie, mentre constatiamo che è sempre estremamente invalidante e peggiorativa. Infine, bisognerebbe teorizzare che due scimmie, un maschio e una femmina, avessero avuto casualmente un cromosoma in meno, che casualmente si fossero incontrate, che casualmente non avessero trasmesso sindromi genetiche di alcun genere ai loro figli, che tale riduzione rimanesse inalterata in tutte le generazioni successive, che quel ceppo familiare rimanesse l’unico sulla Terra: è impossibile nel passaggio da 48 a 47 cromosomi, figuriamoci poi nel ripetersi da 47 a 46 per poi fermarsi lì. Ecco dunque che la Genesi dimostra di essere veritiera anche in campo scientifico quando afferma che ogni specie può riprodursi solo entro i limiti della specie stessa.

La gestione della vita appartiene a Dio e non all’uomo. Questo è un limite che il primo Uomo ha voluto infrangere e il risultato è stato Caino. Ora nei laboratori di genetica si sta sperimentando ogni genere di ibridazione, saltando perfino dal regno animale a quello vegetale. I mostri che ne derivano non sono una conquista, ma un abuso che non può chiamarsi Scienza. Se Dio non cancellerà tutto l’inquinamento ideologico e materiale per sostituirlo con una nuova creazione, riconducendo l’uomo ancora una volta verso la perfezione delle origini, ancora una volta lo farà l’uomo rovinandosi con le proprie mani. Qui un articolo: https://www.wired.it/scienza/biotech/2021/04/16/embrioni-chimera-umano-scimmia/

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Nella rivelazione a don Guido, il Signore rivendica a Sé ogni atto creativo e spiega le modalità con cui è intervenuto direttamente sia nella creazione dell’Uomo che di qualunque altra specie. In sintesi, Dio dice che ogni creazione di una nuova specie è sempre partita da un seme e che mai una pianta o un animale è stato creato già sviluppato come per magia, sebbene questo Gli sarebbe stato possibile. Questo principio dell’inizio di ogni creazione a partire da un seme vale sia per l’universo che per la vita. La rivelazione non spiega come Dio creò la vita ai suoi albori, ma mostra come Dio operò per creare il primo Uomo e la prima Donna: ciò ci suggerisce di estendere questo principio anche alla creazione di tutte le altre specie più evolute. Quindi anche il primo Uomo e la prima Donna non furono creati già adulti, come vorrebbero i creazionisti fondamentalisti, né in via di evoluzione come vorrebbero gli evoluzionisti, ma vennero creati nella loro prima cellula e già nella loro perfezione assoluta. E dove mai avrebbe potuto svilupparsi la vita in embrione se non nell’utero di una femmina di una specie già esistente? A questo scopo il Signore si servì di una femmina di una specie (ora estinta) come strumento per la creazione dell’Uomo e della Donna. Questo processo è stato chiamato “creazione mediata” perché, come dice il termine stesso, Dio ha usato come “mezzo” ciò che era già stato creato. Dio aveva già usato questa regola per la creazione di qualsiasi altra nuova specie, ma la differenza unica e importantissima è che la creazione dell’Uomo e della Donna aveva un elemento nuovo fin dall’attimo del concepimento: il Suo Spirito, che li rendeva Suoi figli anche spiritualmente. Quindi l’Uomo deriva – ma non discende – dalla specie immediatamente inferiore, perché è nuova creazione in tutto e per tutto: nessun gene è passato dalla specie inferiore a quella superiore, ma solo il nutrimento. Ciò non toglie che le due specie siano state create con numerosi geni uguali, forse per evitare problemi di rigetto. Inoltre, il Signore dice che per ogni specie Egli creò una sola coppia di capostipiti, maschio e femmina, entrambi con i caratteri di specie già definita. Il Signore poi mostra a don Guido come la specie umana, creata perfetta, fu inquinata da un atto di ibridazione commesso già alla prima generazione con la specie dalla quale era derivata. Inoltre, gli uomini ibridi persero anche lo Spirito di Dio: Dio non poteva certo abitare in esseri bestiali. Solo dopo che le frange più compromesse furono spazzate via da selezioni di vario tipo (https://www.cnr.it/it/comunicato-stampa/8759/svelata-la-causa-dell-estinzione-dei-neanderthal-e-di-altri-mammiferi) il Signore iniziò il suo recupero attraverso un processo di rievoluzione della specie ibrida alla quale appartiene oggi tutto il genere umano. La specie pura fu progressivamente assorbita da quella ibrida e i reperti archeologici sono dunque la prova non dell’evoluzione della specie umana, bensì del suo rapido decadimento e della sua lenta rievoluzione in un processo di recupero che è ancora in atto. Quando poi l’umanità rievoluta raggiunse un livello di sufficiente capacità di intendere e di volere, cioè si trovò “nella pienezza dei tempi”, Dio mandò Suo Figlio Gesù affinché ridonasse il Suo Spirito a tutti i miti e i giusti della terra. In tal modo, attraverso l’obbedienza e la mediazione di Gesù con Dio Padre, i figli degli uomini possono essere riammessi all’eredità spirituale e le porte dell’eterna felicità possono essere riaperte.

Questa rivelazione è di una semplicità e di una logica straordinarie, come ogni cosa che proviene da Dio. Allora, come si conciliano queste informazioni nuove con la Genesi mosaica? Dobbiamo anzitutto considerare alcuni trascorsi storici della Parola ricevuta da Mosè. Quando Dio rivelò a Mosè le origini dell’universo e la creazione dell’Uomo, il popolo ebraico non aveva una scrittura propria. Dobbiamo tornare a poco prima del tempo dei Re (circa 950 a.C.) per trovare le tracce dei primi documenti redatti in scrittura ebraica. Questo significa che tra i due eventi sono trascorsi molti secoli, sia che si voglia datare Mosè intorno al 1250 a.C., come vuole la tradizione, e ancor di più se lo si data intorno al 1700 a.C., come sostengono gli storici più recenti: in entrambi i casi il tempo sfida qualsiasi tradizione orale, anche in considerazione della mole complessiva dei cinque Libri del Pentateuco. Dobbiamo anche tenere conto che l’antica lingua ebraica era molto vivace, perché si compiaceva di usare allegorie, giochi di parole, espressioni idiomatiche, metafore e immagini infantili che semplificavano concetti molto più profondi. Il linguaggio ebraico era quello di un popolo intelligente che sapeva giocare con le espressioni e lasciava spazio all’intuizione: risulta limitativo e fuorviante fare esegesi biblica su una parola o su una frase, se questa è allegorica. Sappiamo poi che una qualsiasi lingua è in costante trasformazione, specialmente se non è ancorata alla scrittura. Una tradizione orale subisce molte sollecitazioni culturali, storiche, ambientali, che con il passare del tempo possono dare ad un’espressione colorazioni che si discostano dal suo significato originale. Basta che un termine con un significato preciso assuma a poco a poco una sfumatura diversa perché diventi sinonimo di un altro termine con un significato simile. Parole come femmina”, donnamoglie possono essere state usate impropriamente e così creare una grande confusione che ha travisato il senso del testo. Probabilmente ciò è accaduto quando, prima ancora che esistesse la lingua scritta, questi termini distinti ma simili vennero usati come sinonimi, determinando inavvertitamente la sovrapposizione di due diverse identità femminili, fatto che ha causato nella stesura del testo biblico confusioni che si sono andate perpetuando nei secoli. Ma poiché – come vedremo – Dio vigila sulla Sua Parola, possiamo supporre che Egli con questa rivelazione voglia riportare in asse ciò che già da tempi remotissimi era stato equivocato. E possiamo anche presumere che non sia intervenuto prima d’ora perché ha voluto aspettare che la scienza fosse in grado di comprendere le modalità della Sua creazione e le reali conseguenze del peccato originale. La Bibbia ci parla della creazione, ma non ci dice come avvenne questa creazione, né la scienza moderna è stata in grado di capirlo. Quindi, questa rivelazione arriva quanto mai opportuna ed è di immensa importanza sia per la scienza che per la teologia. La scienza comunque già da qualche anno stava avviando una critica severa dell’evoluzionismo e stava rimettendo in discussione quei principi di casualità che ne avevano fatto la fortuna, a scapito della fede in Dio Creatore.

Va fatto notare che questa rivelazione è assai meno distante dalla Genesi mosaica di quanto possa sembrare, perché i suoi cardini fondamentali, come l’intervento diretto di Dio in ogni atto creativo, la perfezione dell’Uomo originario, la sua arrogante disobbedienza che ha alterato l’equilibrio della creazione, sono tutti perfettamente rispettati. E va detto che le novità apparentemente inconciliabili con il testo mosaico, come la mancanza di distinzione fra la prima Donna e Eva, trovano la loro spiegazione nell’ipotesi delle confusioni che si sono formate durante la stesura della Genesi e che ora approfondiremo. Poi, con il tempo, quando una cosa non viene capita, finisce per essere tralasciata e dimenticata, come ad esempio la mancanza di una spiegazione della distinzione fra i Figli di Dio e i figli degli uomini (Gn 6,2-4). Ciò dimostra che nel testo mosaico a noi pervenuto sono presenti varie lacune che talvolta hanno lasciato la loro traccia. Questo è il vero motivo dell’incomprensione di alcuni passi della Genesi: noi leggiamo solo ciò che rimane della vera rivelazione fatta a Mosè. Così si spiegherebbe anche perché la Genesi mosaica, che deriva dal copto (cristiana), abbia non pochi passi che la differenziano da quella attuale (ebraica). Si è visto che, applicando al Pentateuco (che comprende i Libri della Genesi, dell’Esodo, del Levitico, dei Numeri e del Deuteronomio) nuovi criteri di analisi che prendono in esame le diversità di di stile dei vari brani e dei vari versetti, alcuni biblisti sono giunti alla discutibile conclusione che il Pentateuco sia opera di differenti autori o di scuole di autori che si sono succedute nel tempo. Secondo costoro, gli autori più importanti sarebbero almeno quattro: l’autore yahvista, l’autore eloista, l’autore deuteronomista e l’autore sacerdotale. Però questi biblisti non tengono conto che, come dicono la dottrina ebraica e la tradizione cristiana, l’intero Pentateuco è opera di Mosè. Dal momento che effettivamente esistono alcune differenze di stili, si può avanzare l’ipotesi che esse siano dovute a successivi interventi di rimaneggiamento, avvenuti nel corso dei secoli e mirati ad aggiornare il testo mosaico a sempre nuove esigenze culturali e linguistiche. Ad esempio, in alcuni passi traspare in modo chiaro l’influenza della cultura babilonese, che è successiva al periodo della cattività babilonese. Gli ipotetici “revisori” avrebbero operato per lo più come un restauratore che fa scomparire l’originale, lasciando tuttavia trasparire la traccia del proprio intervento. Questa ipotesi spiegherebbe perché nei primi capitoli della Genesi sono presenti due narrazioni della creazione e due del diluvio. Il più antico documento di scrittura in ebraico arcaico è un piccolo frammento che risale a circa un secolo prima dell’avvento dei Re e riguarda l’episodio di Debora narrato nel Libro dei Giudici. Da ciò possiamo ipotizzare che questo documento fosse un primo tentativo di scrittura in lingua ebraica. Un’altra ipotesi è che accanto a questo campione di scrittura arcaica vi fosse l’originale dell’intero Pentateuco andato perduto e che i quattro cosiddetti “autori” siano semplicemente interventi massicci successivi e non strutturati. Pertanto, tenendo per buona la distinzione fra gli stili proposta da Wallhausen, sostituiremo il termine “autori” con “interventi” e li chiameremo semplicemente:
  1. l’intervento yahvista, che risale al tempo dei Re (950 a.C. circa), chiamato così perché usa il termine Yavè (Yhawh o Yhwh) per indicare l’unico Dio;
  2. l’intervento eloista, avvenuto circa un secolo dopo, che introduce il termine Elohim riferito alla Divinità;
  3. l’intervento deuteronomista, avvenuto il secolo ancora successivo, così chiamato perché a questo si rifanno la maggior parte dei capitoli del Deuteronomio;
  4. l’intervento sacerdotale, indicato con la lettera S o con la lettera P (che è l’iniziale del termine Priestecodex, cioè in lingua tedesca il “codice dei preti” o “codice dei sacerdoti”) che opera durante e dopo la deportazione a Babilonia (circa 550 a.C).
Per quanto riguarda il nostro campo di studio, ossia i primi sei capitoli della Genesi, troviamo presenti solamente:
  1. l’autore dell’intervento yahvista, che ha uno stile più sciolto, più vivace, più colorito, a cui si attribuiscono i racconti della creazione dell’Uomo e della Donna, del peccato originale, del fratricidio di Caino, della distinzione fra i Figli di Dio e degli uomini, dei giganti, e più avanti del diluvio, della torre di Babele, etc
  2. l’autore dell’intervento sacerdotale, posteriore a quello dell’intervento yahvista di circa quattro secoli, che presenta uno stile più monotono, più schematico, più razionale e che lascia trapelare una certa influenza della cultura e della filosofia babilonese. A lui si attribuiscono i passi che narrano la creazione del cosmo e della Terra, le genealogie, oltre ad una seconda versione del diluvio, etc.
Abbiamo già accennato al fatto che, prima dello scritto arcaico che precede di poco lo scritto yahvista, non vi era una scrittura propria del popolo ebraico. E anche la scrittura yahvista era ancora molto rudimentale: era composta da segni monosillabici corrispondenti alla radice dei vocaboli, che potevano essere al tempo stesso sostantivi, aggettivi, verbi. Inoltre, era ancora priva di vocali, articoli, preposizioni, punteggiatura, spazi tra parole: pertanto, una frase poteva essere interpretata in molti modi e poteva assumere anche una decina di significati diversi, insomma doveva essere decodificata come un rebus. Solo più avanti la scrittura si arricchì e si trasformò in scrittura fonetica, ossia in una scrittura che fa corrispondere un segno ad ogni suono, come l’Italiano. Invece, al tempo della scrittura yahvista, la lettura e l’interpretazione del testo dovevano essere necessariamente affiancate dalla tradizione orale che integrasse il testo e sopperisse a questa difficoltà: questo compito era affidato alla classe sacerdotale. Ma una tradizione orale specializzata nel leggere ed interpretare dei sacri testi così vaghi, come si può intuire, è una scienza che può diventare fragile, ambigua, manipolabile. Persino Maometto sollevò questo problema, che diventò il motivo per imporre il ”Sigillo dei Profeti”, ovvero l’interpretazione della Parola di Dio che si chiude con Maometto stesso, l’ultimo profeta. Infatti un errore d’interpretazione, avallato da un linguaggio non univoco, può generare a sua volta errori a cascata. Probabilmente è quello che accadde, perché il nocciolo di queste nuove nozioni verte sulla distinzione e sulla precisazione di quei tre termini (donna, femmina, moglie) con lo scopo di bandire ogni equivoco sui ruoli delle varie identità femminili del testo yahvista: equivoco che, trascinatosi fino ai giorni nostri, ha impedito una visione più realista del problema delle origini dell’Uomo. Sappiamo poi che tutti questi interventi furono fusi in un unico testo intorno al 430 a.C. e solo nel V secolo dopo Cristo furono rielaborati e trascritti nella scrittura ebraica odierna. Il risultato di questo immane lavoro è il testo che attualmente viene letto e studiato nelle scuole di teologia (il Pentateuco), successivamente tradotto nelle lingue classiche (e poi in quelle odierne) assieme agli altri Libri che formano la Bibbia. Quindi la Genesi mosaica che abbiamo fra le mani è il risultato di innumerevoli interventi avvenuti lungo il corso dei millenni, ciascuno dei quali ha lasciato il proprio segno. Ecco perché il Signore, nel Suo progetto di Misericordia, è intervenuto a chiarire questo equivoco e ha aspettato che l’umanità fosse in grado di comprenderne ed apprezzarne il valore scientifico e morale. Questa rivelazione è un avvenimento che interessa contemporaneamente le tre religioni monoteistiche: infatti solo conoscendo la vera natura del peccato originale è possibile comprendere la grandezza e l’insostituibilità della Redenzione.

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Don Guido era riluttante a ricevere tali rivelazioni, poiché queste non erano state fatte anche ai Cardinali del Concilio Vaticano Secondo (che probabilmente ne ricevettero altre di altro tipo), ma erano simili a quelle ricevute da Mosè e verosimilmente anche da altri profeti. Il povero don Guido, ormai anziano, si era fatto una reputazione di persona stramba e quindi era umilmente intenzionato a sottrarsi al dono che Dio stava per fargli, dono che peraltro gli era già stato preannunciato da persone sante in diverse occasioni nel corso della sua giovinezza. Questi annunci precoci destarono in lui l’interesse nelle varie materie scientifiche che studiò in vita e che gli permisero di arrivare preparato a questo incontro.
DOVRESTI ESSERE SODDISFATTO CHE RIVELO A TE COSE CHE NON HO RIVELATE AD ALTRI. HO SCELTO TE. NON SONO FORSE LIBERO? Replicai sottovoce: Rinuncio volentieri alla mia soddisfazione per loro. Non sono il tipo adatto, non godo ascendente, sono un calunniato, perseguitato, disprezzato; non sciupate una cosa così importante con questo povero uomo!
Durante e dopo aver ricevuto tali rivelazioni, don Guido fu reso edotto (o fu in grado di elaborare) alcuni aspetti teologici che spiegano, confermano e rinnovano alcuni concetti del rapporto di Dio con l’uomo. Tali aspetti sono importantissimi per spiegare alcune distorsioni che si trovano nella Bibbia e che si riverberano fino ai nostri giorni. Uno su tutti il Dio vendicativo, geloso e castigatore, che si legge nell’Antico Testamento e che è sempre stato al centro di numerosi dibattiti.
“Ma Dio non castiga – diceva don Guido – solamente che Dio, quando viene respinto, si astiene dalla Sua protezione nel rispetto della libertà che ha dato all’uomo”. Don Guido infatti ripeteva:“È improprio chiamarlo castigo di Dio perché Dio non è vendicativo. Non è Dio che manda i castighi, anche se questo è il termine che usa la Bibbia per far intendere che tra due fatti c’è un nesso di causa-effetto. Il castigo ce lo diamo noi stessi perché è la naturale conseguenza dell’allontanamento dalla protezione di Dio. Purtroppo in questi casi vengono coinvolti degli innocenti. Ma la colpa non è di Dio. Anzi, stiamone certi, Dio è vicino alle vittime innocenti e spiritualmente le sostiene. Dio ha a cuore la salvezza di tutti, quella eterna. Inoltre, la parte più pesante della sofferenza, specialmente quella degli innocenti, la porta Lui stesso. Certo è che se il Signore mal sopporta che Lo si bestemmi, non permette che s’insulti la Vergine Immacolata!”.

Se un vaso in bilico su un balcone cade sulla testa di un bambino, o una montagna crolla su un paese, non è un castigo di Dio contro poveri innocenti. Chiediamoci chi ha collocato in bilico il vaso, oppure chi ha deciso di costruire un paese a ridosso della montagna. In tutti i casi che potremo prendere in esame, scopriremo che c’è sempre lo zampino di un essere umano che si comporta in modo doloso, rischioso o spericolato. E chi suggerisce comportamenti errati soffiando dietro l’orecchio delle persone non è Dio, è Satana. Dio ama gli uomini come Padre Perfetto e in perfetta affinità con l’insegnamento di Gesù, come dimostra il passo seguente:

Ogni volta che si trattava di accusare l’Uomo, Egli lo faceva in sordina, riguardoso. E di lì a qualche secondo continuò: L’HO PRESERVATO DALL’ESTINZIONE E L’HO GUIDATO ALLA RISURREZIONE. Seguirono altre 8 o 10 parole che non ricordo, ma che si riferivano alla Sua opera nel guidare l’umanità, imbestialita a causa dell’ibridazione, al recupero dell’immagine originaria, non tanto riguardo ai caratteri somatici che hanno ben poca importanza, quanto alla ‘capacità di intendere e di volere’. Con quelle parole non intendeva solo dire che siamo rievoluti, cioè che siamo stati recuperati parzialmente e che, entro certi limiti, abbiamo riacquistato le sembianze del primo Uomo, ma che abbiamo anche riacquistato in buona parte le capacità intellettive. […] Le ultime parole le ricordo bene: IO SONO LA RISURREZIONE. Ho inteso la parola “risurrezione” in senso pieno, attraverso la quale Egli ha operato un recupero non solo spirituale, ma anche psicofisico dell’umanità. È Lui l’Autore della sua ‘rievoluzione fisica e psico-intellettiva’. “Risurrezione” va dunque intesa come recupero della immagine originaria secondo il modello con il quale fu fatto il campione, il prototipo, il primo Uomo. Quindi, Rievoluzione, Rigenerazione, Riabilitazione, anche fisica, sono state operate e guidate da Dio. Siamo, anche fisicamente, dei risuscitati. Dopo una breve pausa soggiunse: MA ORA CHE TUTTI HANNO RECUPERATO LA CAPACITÀ DI INTENDERE E DI VOLERE, HANNO PARI DIGNITÀ E DIRITTI. Da queste parole intesi che tutti abbiamo oggi “pari dignità e diritti” non riguardo alla salvezza, ma alla ‘capacità’ di aspirare alla salvezza. Il Vangelo di Giovanni ci dice che Cristo diede a tutti gli uomini ‘la possibilità’ o meglio ‘l’opportunità’ di diventare figli di Dio (“dedit eis ‘potestatem’ filios Dei fieri“) e con ciò di avere la Vita eterna in comunione con Dio, ma non disse che Dio diede a tutti la Vita eterna. Nel suo Vangelo, Giovanni scrive anche che Gesù disse: “Oro pro multis”; non disse: “Oro pro omnibus”, prego per molti e non prego per tutti. Quei ‘multis’ sono coloro che hanno buona volontà perché corrispondono all’Amore di Dio, a qualunque credo in buona fede appartengano. Perché, se tutti hanno pari possibilità di diventare figli adottivi di Dio, solo coloro che mettono a frutto i beni della Redenzione diventano ‘figli di Dio’. Gli altri, quelli che non seguono i principi del Vangelo, ‘restano creature di Dio’, ossia esseri ‘inferiori’ come gli animali, benché intelligenti: inferi fra gli inferi. Restano degli esclusi. Dio non castiga, Dio promuove o non promuove. La non promozione è già un castigo, ma non viene da Dio.

In realtà, Dio promuove chi lo ascolta, oppure si astiene dall’intervenire, con la sola eccezione di quelle persone per cui c’è un Suo disegno (es. San Paolo). Ma questo passo è fondamentale per capire in cosa potrebbe consistere la “Risurrezione della carne” dopo il Giudizio Universale. I Vangeli riportano una disputa tra i Sadducei, che negavano la resurrezione (Mt 22,23-33; Mc 12,18-27; Lc 20,27-40), e Gesù, che la riaffermava aggiungendo anche che essa non sarebbe stata una replica di questa vita, ma una condizione sostanzialmente diversa: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell’altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio.» (Lc 20,34-36). Quindi Gesù dice esattamente che diventeremo Figli di Dio nella carne: se il nostro corpo fosse risuscitato e il nostro DNA fosse curato da tutte le sue tare, se l’anima vi fosse reinserita e con essa lo Spirito di Dio (che come abbiamo visto necessita di un contenitore idoneo), diventeremmo tutti esseri trinitari e di fatto il peccato originale verrebbe annullato. Tutto torna: la Risurrezione non può che passare per un risanamento del corpo in carne ed ossa! E i racconti dei risorti, di cui accennerò dopo, sono molto chiari da questo punto di vista: l’abate di Montmartre padre Jean Derobert, che pochi decenni fa morì e risuscitò in modo miracoloso, raccontò su RAI1 che le anime si presentano con sembianze di trentenni (bambini compresi) e riferì di aver avuto sensazioni estremamente corporee. Ma ne riparleremo tra poco.

Alla luce di tale rivelazione, persino le parole di San Paolo trovano finalmente una logicità: «Ora, invece, Cristo è risuscitato dai morti, primizia di coloro che sono morti. Poiché se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo. Ciascuno però nel suo ordine: prima Cristo, che è la primizia; poi, alla sua venuta, quelli che sono di Cristo; poi sarà la fine, quando egli consegnerà il regno a Dio Padre, dopo aver ridotto al nulla ogni principato e ogni potestà e potenza. Bisogna infatti che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte.» (1Cr 15,20-26)

Ma torniamo alla rivelazione e alla rimodulazione del concetto di evoluzionismo.

Quella che scienziati e teologi chiamano evoluzione è stata in realtà una ‘ri- evoluzione’, un recupero progressivo dei caratteri umani originari avvenuto mediante una selezione guidata dal Creatore e una reintroduzione di infiniti gameti femminili perfetti creati in donne sterili di cui la Bibbia ci dà alcuni esempi. Solo in questo caso si può parlare correttamente di rievoluzione guidata, ma non per la creazione dell’umanità.

Il concetto di Alfa e di Omega viene chiarito. È commovente come Dio si conformi al pensiero, al linguaggio, alla filosofia umana e renda partecipe don Guido, in termini comprensibili e in lingua italiana, dei misteri che fanno parte della sfera divina.

I due concetti, “alfa” ed “omega”, erano ben distinti in quanto l’universo ha cominciato ad esistere, mentre Lui, “l’alfa”, è da sempre, è l’Eterno, l’Onnipotente, l’Assoluto, il Necessario. E “l’omega” è l’ultimo anello della creazione, l’Uomo e con lui la Donna, l’ultimo capolavoro. Dopo di che “Deus ab omni opere Suo cessavit”: si astenne dal creare nuove forme di vita.

In Gesù, che è Dio, tutto si completa. E infatti Gesù ci dice di essere contemporaneamente l’Alfa e l’Omega: l’ultimissima creatura perfetta nata dal gamete femminile di Maria (che a sua volta era stata creata perfetta, probabilmente da due gameti divini) e da quello di Dio. Ritroveremo questo concetto più tardi. La nascita di Gesù prova che un’astensione totale di Dio dal creato in realtà non avvenne mai, come invece vogliono i filosofi deisti. Questi affermano che Dio, pur essendo il Creatore, non è in grado o non vuole di controllare ciò che ha fatto: avrebbe creato l’universo come se fosse un orologio, gli avrebbe dato la carica iniziale ed ora non può o non vuole più intervenire su di esso. Quindi il creato andrebbe avanti per inerzia, per mezzo delle leggi che lo governano. Invece ciò che la Bibbia ci presenta è il teismo: Dio ha creato l’universo e può anche controllarlo dalla Sua posizione fuori dal tempo e dallo spazio.

Mi chiedevo come facessero a moltiplicarsi quella, o quelle prime faville, dato che non c’era reazione fisica col nulla. Era come un seme creato da Dio che nella Mano di Dio cresceva col Suo Calore e la Sua Presenza. E quell’atto di creazione e di conservazione continua anche adesso. ‘In principio’, prima di quel principio, c’era il nulla infinito, buio, freddo, silenzioso, impenetrabile alla luce, al calore, al suono. Solo Dio esisteva, da sempre, Pensiero Puro, inimmaginabile. Dio nel primo ‘giorno’ aveva creato lo ‘spazio’ e il ‘tempo’, pronti ad accogliere la creazione intera.

Qui don Guido esprime il proprio punto di vista, che corrisponde al limite afferrabile dall’intelletto umano. C’è una bella puntata del cartone animato The Simpsons (“La paura fa novanta VII”, secondo episodio intitolato “La vaschetta della genesi”) che spiega con ironia proprio questo concetto: la protagonista crea casualmente un mini-universo all’interno di una vaschetta che si trova nella sua cameretta. Gli abitanti della vaschetta la considerano la divinità perché la osservano dal punto di vista dell’universo confinato nel bordo della vaschetta. Ma ovviamente non conoscono né la vastità della cameretta, né quella della casa, né tantomeno quella della città di Springfield, e così via. Allo stesso modo, noi siamo limitati dalle leggi fisiche, dallo spazio e dal tempo, dalla Terra e dal Sistema Solare: non capiremo mai fino in fondo Dio e la sua Essenza, perché possiamo arrivare a comprendere solo le cose posizionate fino al bordo della nostra vaschetta. Quello che sta fuori dal bordo può rientrare al massimo nella speculazione filosofica, nel campo delle ipotesi non verificabili, nella metafisica. In ultima istanza, nel dogma.

I lunghi periodi di glaciazione, alternati a quelli di surriscaldamento, veri respiri della Terra, si sono succeduti, o sono stati guidati, come i doppi anelli di una catena che ha portato avanti lo sviluppo della vegetazione dallo stato primitivo (felci, licheni, ecc.) fino allo stato attuale, spostando continuamente, ora verso Nord, ora verso Sud, il limite delle nevi perenni, costringendo animali e popolazioni a continue migrazioni e al loro diffondersi su tutto il pianeta.

Le profezie apocalittiche sono presenti in Isaia 24,1-13 e 24,17-23, Apocalisse di San Giovanni 20,9, Luca 21,25-26, Matteo 24,29 e 25,13. Qui riporto le profezie estratte direttamente dalla Bibbia commentata da Padre Marco Sales, edizione di riferimento dato da Dio stesso a don Guido tra i due testi in suo possesso, incollandole così come sono riportate nel libro “Genesi Biblica”:

Isaia 24,1-13 (i versetti sono stati ricopiati dalla Bibbia del Sales): “Ecco che il Signore desolerà la Terra e la spoglierà e ne renderà afflitta la faccia e disperderà i suoi abitanti… La Terra sarà devastata del tutto e sarà predata del tutto. La Terra è in lacrime e si consuma e viene meno… e pochi uomini resteranno… La città della vanità (in senso figurato questa città non è solo Gerusalemme, ma la civiltà umana intera) è distrutta. Nella città è rimasta la solitudine e la calamità opprime le sue porte. Poiché avverrà come quando si scuotono le poche olive rimaste sull’albero e si tolgono i racimoli, finita che sia la vendemmia”. Questi versetti furono sempre interpretati come una profezia dell’imminente minaccia assira sul Regno del Sud e della disfatta di Gerusalemme, ma visti con una panoramica più vasta, potrebbero assumere una valenza universale. Infatti Isaia continua (24,17-23): “Lo spavento e la fossa e il laccio sono sopra di te, o abitante della Terra. E avverrà che chi fuggirà per il grido dello spavento cadrà nella fossa; e chi si salverà dalla fossa sarà preso dal laccio perché si apriranno dall’alto le cateratte e le fondamenta saranno scosse. Si schianterà con fracasso la Terra, andrà in frantumi la Terra, si sconquasserà la Terra. Sarà in agitazione la Terra come un ubriaco e muterà sito come la tenda alzata per la notte… La Luna arrossirà e il Sole si oscurerà…”. Appare chiaro che qui è descritto un fenomeno geofisico che deve ancora avvenire.

Apocalisse 20,9: “E dal cielo cadde un fuoco spedito da Dio e il fuoco
 le divorò (le città) e il diavolo che le seduceva fu gettato in uno stagno di fuoco e di zolfo dove anche la bestia e il falso profeta (l’anticristo) saranno tormentati dì e notte pei secoli dei secoli”.

Luca 21,25-26: “E (vi) saranno prodigi nel Sole, nella Luna e nelle
 Stelle; e in Terra costernazione di popoli per lo sbigottimento dal fiotto del mare e delle onde: gli uomini si consumeranno per la paura e per l’attesa di quanto starà per accadere a tutto l’universo, perché le potenze dei cieli saranno sconvolte…”. Anche a questo brano non venne quasi mai dato un valore apocalittico universale, perché segue direttamente la predizione della caduta di Gerusalemme. Ma è chiaro che i due fatti sono distinti e che in origine dovevano essere separati e solo poi, con le ripetute copiature, sono finiti vicini. Infatti il brano continua: “…e allora vedranno il Figlio dell’Uomo venire sopra una nuvola con potestà e grande maestà…”. Poiché questo deve ancora accadere, quanto descritto è un fatto distinto dalla caduta di Gerusalemme avvenuta nel 70 d.C. Quindi il brano può essere considerato anch’esso un brano apocalittico.

Il Vangelo di Matteo (24,29-35) ci riporta queste parole di Gesù:
 … dopo la tribolazione di quei giorni il sole si oscurerà, e la luna non darà più la sua luce, e cadranno dal cielo le stelle (rocce catapultate e rese incandescenti dall’attrito dell’atmosfera)… e piangeranno tutte le tribù della terra… In verità vi dico: non passerà questa generazione (la generazione dei figli degli uomini sempre in contrapposizione alla generazione dei Figli puri di Dio) che non siano adempiute tutte queste cose. Il cielo e la Terra passeranno (si chiuderà un’epoca), ma le Mie parole non passeranno mai (cioè sono verità assolute)…”. E poco oltre Matteo continua (24,37-40): “E come fu ai tempi di Noè, così sarà ancora… e come nei giorni prima del diluvio gli uomini se ne stavano mangiando e bevendo… così sarà (anche questa volta)… E allora due si troveranno in un campo: uno sarà preso e l’altro sarà lasciato… Vegliate dunque perché non sapete… né il giorno né l’ora” (25,13).

A questo punto mi preme anticipare il tema apocalittico, che nel libro “Genesi Biblica è trattato in coda. Ma prima riporterò un altro passo apocalittico, non citato nel libro, ma che è molto chiaro: la seconda lettera di San Paolo ai Tessalonicesi. Qui si legge: «Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo chi finora lo trattiene. Solo allora sarà rivelato l’empio e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà all’apparire della sua venuta, l’iniquo, la cui venuta avverrà nella potenza di satana, con ogni specie di portenti, di segni e prodigi menzogneri, e con ogni sorta di empio inganno per quelli che vanno in rovina perché non hanno accolto l’amore della verità per essere salvi. E per questo Dio invia loro una potenza d’inganno perché essi credano alla menzogna e così siano condannati tutti quelli che non hanno creduto alla verità, ma hanno acconsentito all’iniquità» (2Ts 2,7-12). Questo passo spiega egregiamente il motivo per cui la Chiesa esprime posizioni molto scettiche nei confronti degli eventi miracolosi e in particolare nei confronti delle apparizioni di Medjugorje. Infatti, ogni anno due milioni di persone scelgono questa località di pellegrinaggio per motivi che vanno oltre la fede e il culto: per curiosità nei confronti dei fenomeni soprannaturali, per superstizione, per accompagnare un familiare, per fare una gita, per chiedere al Signore un miracolo in cambio della propria fede (è il peccato di “irreligione”, art.2118 del Catechismo http://www.vatican.va/archive/catechism_it/p3s2c1a1_it.htm). Costoro hanno accolto l’amore della verità per essere salvati?

Don Guido diceva che la Bibbia si apre e si chiude con due Libri ermetici: la Genesi e l’Apocalisse. Essi stanno lì come due porte opposte, ma in stretta relazione fra loro. Entrambi sono scritti in modo ermetico per volontà del Signore, perché potessero essere aperti e svelati al momento che Lui avesse ritenuto opportuno. E questo pare essere il momento ritenuto maturo dal Signore, dato che anche la chiave d’interpretazione e di spiegazione dell’Apocalisse è stata consegnata intorno al 1989 ad un altro Sacerdote carismatico, don Stefano Gobbi, che ha scritto tutti i messaggi che la SS.Vergine Maria gli ha dettato e che ha raccolto nel libro: ‘Ai sacerdoti figli prediletti della Madonna’. L’uno e l’altro, e non a caso, sono Sacerdoti della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.

Da “Ai sacerdoti figli prediletti della Madonna”, libro che raccoglie le locuzioni e le rivelazioni a don Stefano Gobbi, disponibile gratuitamente all’URL in sitografia:

La televisione è l’idolo, di cui si parla nella Apocalisse, costruito per essere adorato da tutte le nazioni della terra, e a cui il Maligno dona forma e movimento, perché diventi, nelle sue mani, un terribile mezzo di seduzione e di perversione. […] L’enorme Drago rosso è il comunismo ateo, che ha diffuso in ogni parte l’errore della negazione e dell’ostinato rifiuto di Dio. L’enorme Drago rosso è l’ateismo marxista, che si presenta con dieci corna, cioè con la potenza dei suoi mezzi di comunicazione, per condurre l’umanità a disubbidire ai dieci comandamenti di Dio, e con sette teste, su ciascuna delle quali vi è un diadema, segno di potere e di regalità. Le teste incoronate indicano le nazioni in cui il comunismo ateo si è stabilito e domina con la forza del suo potere ideologico, politico e militare. L’enormità del Drago manifesta chiaramente la vastità della terra occupata dal dominio incontrastato dell’ateismo comunista. Il suo colore è rosso perché usa le guerre ed il sangue come strumenti delle sue numerose conquiste. L’enorme Drago rosso è riuscito in questi anni a conquistare l’umanità con l’errore dell’ateismo teorico o pratico, che ha ormai sedotto tutte le nazioni della terra. Si è riusciti così a costruire una nuova civiltà senza Dio, materialista, egoista, edonista, arida e fredda, che porta in sé i germi della corruzione e della morte. L’enorme Drago rosso ha il compito diabolico di sottrarre tutta l’umanità al dominio di Dio, alla glorificazione della Santissima Trinità, alla piena attuazione del disegno del Padre che, per mezzo del Figlio, l’ha creata per la sua gloria. […] Con Me combattete, piccoli figli, contro il Drago, che cerca di portare tutta l’umanità contro Dio. Con Me combattete, piccoli figli, contro la bestia nera, la massoneria, che vuole condurre le anime alla perdizione. Con Me combattete, piccoli figli, contro la bestia simile a un agnello, la massoneria infiltrata all’interno della vita ecclesiale per distruggere Cristo e la sua Chiesa. Per raggiungere questo scopo essa vuole costruire un nuovo idolo, cioè un falso Cristo ed una falsa Chiesa. La massoneria ecclesiastica riceve ordini e potere dalle varie Logge massoniche ed opera per condurre segretamente tutti a fare parte di queste sette segrete. Così sollecita gli ambiziosi con la prospettiva di facili carriere; ricolma di beni gli affamati di denaro; aiuta i suoi membri a primeggiare e ad occupare i posti più importanti, mentre emargina, in maniera subdola ma decisa, tutti coloro che si rifiutano di partecipare al suo disegno. Infatti la bestia simile a un agnello esercita tutto il potere della prima bestia, in sua presenza, e costringe la terra ed i suoi abitanti ad adorare la prima bestia. Addirittura la massoneria ecclesiastica giunge fino a costruire una statua in onore della bestia e costringe tutti ad adorare questa statua.

Ma, secondo il primo comandamento della santa legge del Signore, solo DIO si deve adorare e a Lui solo deve essere data ogni forma di culto. Allora si sostituisce DIO con un IDOLO potente, forte, dominatore. Un idolo così potente, da far mettere a morte tutti coloro che non adorano la statua della bestia. Un idolo così forte e dominatore, da fare sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevano un marchio sulla mano destra o sulla fronte, e che nessuno può comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome. Questo grande idolo, costruito per essere da tutti adorato e servito, come vi ho già rivelato nel precedente messaggio, è un falso Cristo e una falsa Chiesa. Ma qual è il suo nome?

Al capitolo 13 dell’Apocalisse è scritto: ”Qui sta la sapienza. Chi ha intelligenza calcoli il numero della bestia: esso rappresenta un nome di un uomo. E tale cifra è 666”. Con l’intelligenza, illuminata dalla luce della divina Sapienza, si riesce a decifrare dal numero 666 il nome di un uomo e questo nome, indicato da tale numero, è quello dell’Anticristo. Lucifero, il serpente antico, il diavolo o Satana, il dragone rosso diventa, in questi ultimi tempi, l’anticristo. Già l’apostolo Giovanni affermava che chiunque nega che Gesù Cristo è Dio, costui è l’anticristo. La statua o l’idolo, costruito in onore della bestia, per essere adorato da tutti gli uomini è l’Anticristo. Calcolate ora il suo numero 666, per comprendere come indichi il nome di un uomo. Il numero 333 indica la Divinità. Lucifero si ribella a Dio per superbia, perché vuole mettersi al di sopra di Dio. Il 333 è il numero che indica il mistero di Dio. Colui che vuole mettersi al di sopra di Dio porta il segno di 666, pertanto questo numero indica il nome di Lucifero, Satana, cioè di colui che si mette contro Cristo, dell’anticristo. Il 333, indicato una volta, cioè per 1, esprime il mistero dell’unità di Dio. Il 333, indicato due volte, cioè per 2, indica le due nature, quella divina e quella umana, unite nella Persona divina di Gesù Cristo. Il 333, indicato tre volte, cioè per 3, indica il mistero delle Tre Persone divine, cioè esprime il mistero della Santissima Trinità. Allora il numero 333, espresso una, due e tre volte, esprime i misteri principali della fede cattolica, che sono:
  1. l’unità e la Trinità di Dio;
  2. l’incarnazione, la passione, la morte e la resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Se il 333 è il numero che indica la Divinità, colui che vuole mettersi al di sopra dello stesso Dio viene indicato col numero 666. Il 666, indicato una volta, cioè per 1, esprime l’anno 666. In questo periodo storico, l’Anticristo si manifesta attraverso il fenomeno dell’Islam, che nega direttamente il mistero della divina Trinità e la divinità di nostro Signore Gesù Cristo. L’islamismo, con la sua forza militare, si scatena ovunque, distruggendo tutte le antiche comunità cristiane, invade l’Europa e solo per un mio materno e straordinario intervento, sollecitato fortemente dal Santo Padre, non riesce a distruggere completamente la Cristianità. Il 666, indicato due volte, cioè per 2, esprime l’anno 1332. In questo periodo storico, l’Anticristo, si manifesta con un radicale attacco alla fede nella Parola di Dio. Attraverso i filosofi, che iniziano a dare esclusivo valore alla scienza e poi alla ragione, si tende gradualmente a costituire unico criterio di verità la sola intelligenza umana. Nascono i grandi errori filosofici, che continuano nei secoli fino ai vostri giorni. L’importanza esagerata data alla ragione, come criterio esclusivo di verità, porta necessariamente alla distruzione della fede nella Parola di Dio. Infatti, con la riforma protestante, si rifiuta la Tradizione come fonte della divina Rivelazione, e si accetta solo la Sacra Scrittura. Ma anche questa deve essere interpretata per mezzo della ragione, e si rifiuta ostinatamente il Magistero autentico della Chiesa gerarchica, a cui Cristo ha affidato da custodire il deposito della fede. Ciascuno è libero di leggere e di comprendere la sacra Scrittura, secondo la sua personale interpretazione. In questa maniera la fede nella Parola di Dio viene distrutta. Opera dell’Anticristo, in questo periodo storico, è la divisione della Chiesa, la conseguente formazione di nuove e numerose confessioni cristiane, che gradualmente vengono sospinte ad una perdita sempre più estesa della vera fede nella Parola di Dio. Il 666, indicato tre volte, cioè per 3, esprime l’anno 1998. In questo periodo storico, la massoneria, aiutata da quella ecclesiastica, riuscirà nel suo grande intento: costruire un idolo da mettere al posto di Cristo e della sua Chiesa. Un falso Cristo e una falsa Chiesa. Pertanto la statua costruita in onore della prima bestia, per essere adorata da tutti gli abitanti della terra e che segnerà del suo marchio tutti coloro che vorranno comprare o vendere è quella dell’Anticristo.

Siete così giunti al vertice della purificazione, della grande tribolazione e della apostasia. L’apostasia sarà ormai generalizzata perché quasi tutti seguiranno il falso Cristo e la falsa Chiesa. Allora sarà aperta la porta per la comparsa dell’uomo o della persona stessa dell’Anticristo! Ecco, figli prediletti, perché vi ho voluto illuminare sulle pagine della Apocalisse, che si riferiscono ai tempi che vivete. Per prepararvi con Me alla parte più dolorosa e decisiva della grande lotta che si sta combattendo fra la vostra Mamma Celeste e tutte le forze del male che si sono scatenate.

Ora, pur mantenendo un certo scetticismo nei confronti delle rivelazioni a Don Stefano Gobbi, comunque proverò a fare un esercizio di adattamento critico di tali rivelazioni, alla luce delle mie passate esperienze di studioso ed esoterista. Nel corso degli anni avevo speculato grandemente attorno all’idolo: in antichità si attribuì al 666 il nome di Nerone, ma si disse anche che il numero della bestia avrebbe potuto essere il 616 perché nel manoscritto originale era poco leggibile. Io giunsi alla conclusione personale che lidolo fosse il G.A.D.U. della Massoneria, il Grande Architetto dell’Universo che simboleggia genericamente Yahvè o Allah, ma che non ha (o non ha ancora) raggiunto al di fuori dalla Massoneria quel potere che viene descritto nell’Apocalisse: secondo questa mia ipotesi, i tempi non sarebbero ancora maturi. Ma i passi che ho riportato fanno parte di quanto la Madonna ha rivelato a don Stefano Gobbi e ci sta dicendo che i tempi sono quelli presenti, da cui i miei dubbi. Tuttavia, lo scrittore Eric Hobsbawm ci fa notare che, durante il periodo che egli ribattezzò “Secolo Breve” e che va dal 1914 al 1991, un terzo degli stati mondiali era governato da partiti popolari o da regimi comunisti. E sembra corrispondere con il passo dell’Apocalisse che del drago rosso dice: «la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra» (Ap 12,4). Dopo tale periodo, le nazioni ancora governate da un partito popolare o da un regime comunista sono 7: Cina, Cuba, Russia, Laos, Vietnam, Nepal, Corea del Nord. Sono le 7 teste incoronate da diademi di cui parla l’Apocalisse e che, se vogliamo ancora una volta interpretare il testo letteralmente, anche la Madonna ha confermato a don Stefano Gobbi?

Sempre a mio personale giudizio, l’idolo dell’Apocalisse potrebbe anche essere diverso dalla TV, oppure affine ad essa: «Faceva sì che tutti, piccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e schiavi ricevessero un marchio sulla mano destra e sulla fronte; e che nessuno potesse comprare o vendere senza avere tale marchio, cioè il nome della bestia o il numero del suo nome» (Ap 13,16-17). Nel 1998, anno in cui sarebbe stato costruito il falso idolo, la TV esisteva già da qualche decennio. Invece l’anno precedente internet arrivò a casa di tutti grazie alla “new economy” e alla cosiddetta “bolla delle dot-com”, un fenomeno finanziario iniziato nel 1997. Sull’onda della new economy, il 4 settembre 1998 nacque ufficialmente Google.

Personalmente, il marchio sulla mano destra ricorda un telecomando, un mouse per accedere a internet, una carta di credito. Invece sulla fronte potrebbero esserci i Google Glasses, Neurali o qualsiasi altra BCI ovvero le cosiddette “Brain-Computer Interfaces”. O più semplicemente lo smartphone, che si trova nella mano destra e all’orecchio della maggior parte delle persone. Ormai tutti, adulti e bambini, ricchi e poveri, se vogliono vendere o comprare, ma anche vedere un video o telefonare, non possono fare a meno di uno smartphone con sistema operativo dell’uno o dell’altro “marchio” e quindi di un account Google, Apple, o di altri brand. Interessante notare la definizione di “drago a sette teste” che un giornalista del giornale IlSole24Ore dà alla Apple e riferito alle “core business units” che la compongono e che in questo momento sono proprio 7: https://www.ilsole24ore.com/art/com-e-cambiata-apple-8-anni-la-morte-steve-jobs-ACTURSp Ma tornando alla “Genesi Biblica“, Renza Giacobbi aggiunge parafrasando don Guido:

Questo messaggio è urgente perché negli ultimi tempi si sta mettendo in atto un altro peccato originale, poiché l’uomo presuntuoso di oggi si sente autorizzato a manipolare la vita. […] L’uomo di oggi deve capire, e al più presto possibile, che se il Signore mette un veto non lo fa per creare un ostacolo alla fervida inventiva dell’umanità, ma lo mette per la sua salvaguardia. Se noi non afferriamo in tempo questo semplice concetto, saremo nuovamente travolti dalla nostra follia. E oggi siamo giunti alla clonazione dell’uomo, alla scelta del sesso e dei caratteri di un figlio, all’ibridazione con specie inferiori per usi terapeutici e via dicendo.

Proprio per la sua salvaguardia, Adamo ricevette da Dio un solo veto e... lo disattese.

Per l’uomo perfetto era impossibile generare dagli ancestri comuni. I cromosomi, come i gancetti di una cerniera-lampo, possono combinarsi solo se sono appaiati o, al massimo, se da un lato ve n’è solo uno in più. Quindi fra la specie umana e quella preumana non c’era alcuna possibilità di ibridazione perché la differenza di due cromosomi rendeva impossibile l’aggancio a tutta la cerniera.“… Puoi mangiare a volontà di tutti gli alberi del giardino…” è una frase che nasconde una verità di ordine genetico: i cromosomi ed i geni della cellula riproduttiva umana non potevano attecchire con quelli della cellula riproduttiva delle altre femmine ancestri. […] Don Guido comprese che questa femmina [Eva] soprannominata “ponte” aveva 47 cromosomi perché ha potuto generare, come si vedrà, sia dal maschio ancestre che aveva 48 cromosomi, sia dall’Uomo che ne aveva 46. Questa particolarità costituisce un’eccezione in natura, eccezione voluta dal Signore probabilmente per dare all’Uomo una nutrice senza pelo, più intelligente e più vicina alle caratteristiche della specie umana. Un’attenzione paterna di Dio. Ma al tempo stesso essa costituiva un pericolo per l’Uomo che, se avesse avuto con lei un rapporto generativo, avrebbe generato un ibrido. L’Uomo non poteva sapere questa sua prerogativa. Da qui la necessità dell’obbedienza: la prova.

La prima prova per l’Uomo è miseramente fallita. A causa sua, noi imperfetti figli di Caino siamo in prova per tutta la vita.

La Bambina era l’ultimo capolavoro della Creazione o, per dirla con i non credenti, era il vertice dell’evoluzione delle specie animali, dopo di che non si ebbero altre specie, o ‘salti di qualità’. Dio, creando la prima cellula generativa del primo e del secondo esemplare di questa nuova specie, come aveva fatto fin qui da quando aveva posto in essere la prima cellula vivente, cessò dall’intervenire. […] In verità Dio non cessò di creare vite nuove anche dopo l’Omega: creò ancora l’ovulo di Sara, madre di Isacco; l’ovulo di Anna, madre di Samuele; l’ovulo di Elisabetta, madre di Giovanni il Battista dimezzando così il suo tasso di ibridazione; l’ovulo di Anna, madre di Maria e, contemporaneamente, il seme che lo fecondò giacché Maria si è autodefinita “Immacolata Concezione”: ciò vuol dire che Maria non ha ricevuto geni imperfetti da alcuno dei suoi genitori e che perciò Maria è interamente Nuova Creazione; infine creò il seme che fecondò l’ovulo perfetto di Maria dando a Gesù una Natura Umana perfetta a cui si unì lo Spirito di Dio, la Sua Natura Divina. Ma Dio non creò più alcuna nuova specie.

Ecco che, alla luce di queste nozioni, finalmente l’Immacolata Concezione di Maria è spiegata tecnicamente e scientificamente. Un motivo in più per festeggiare l’8 dicembre.

L’epoca in cui avvenne la separazione tra le scimmie caudate e i pongidi (gorilla, orango, scimpanzé) viene assegnata al periodo dell’Eocene (il 2° dell’Era Terziaria), cominciato da un massimo di 70 milioni ad un minimo di 50 milioni di anni fa e durato da un massimo di 40 milioni ad un minimo di 30 milioni di anni. Gli ominidi sono giudicati contemporanei dei pongidi. Dunque la prima famiglia degli ancestri, i progenitori immediati dell’Uomo e destinati ad esser i suoi ausiliari, è proprio dentro il 40.mo e il 50.mo milione di anni. E, se la capostipite degli ancestri è contemporanea del primo Uomo, è chiaro che Adamo è stato creato 40 o 50 milioni di anni fa.

Quindi, al contrario di quanto viene calcolato, non è una data compresa tra il 4000 e il 5300 a.C., ma 10.000 volte prima. È un chiarimento che proviene direttamente da Dio, per quanto don Guido non riuscì a capire bene se Dio avesse indicato 40 o 50 milioni di anni.

La tentazione del male inizia quasi sempre con l’illusione di un falso bene.

Nella fiaba “Cappuccetto Rosso” dei fratelli Grimm, la mamma di Cappuccetto Rosso raccomanda alla figlia di non lasciare la strada maestra e la avvisa delle conseguenze. Ma il lupo le suggerisce di raccogliere dei fiori per la nonna: a Cappuccetto Rosso sembra una buona idea e così, piano piano, un fiore alla volta, si addentra nel bosco senza neppure accorgersene.

Il lupo è riuscito nel suo intento di allontanarla dalla strada maestra, tentandola con un falso beneficio per se stessa (piacere alla nonna), grazie al quale è la ragazza stessa a causare la propria rovina. Adesso che la ragazza è lontana dalla mamma e dalla strada sicura che questa le aveva indicato, il lupo può raggiungere il proprio scopo.
Il cardinale Angelo Bagnasco denunciò la tecnica di persuasione delle masse detta “Finestra di Overton”, per dimostrare come vere e proprie strategie di comunicazioni riescono a fare accettare «l’introduzione e la successiva legalizzazione di qualsiasi idea o fatto sociale». Sulla base della Finestra di Overton si possono costruire (e sono state costruite) campagne a favore di idee non ancora accettate dalla società. Il concetto di base è capire in quale finestra si trovi attualmente un’idea (es. la legalizzazione delle droghe leggere) e farla progressivamente slittare verso la finestra successiva attraverso una serie di passaggi: https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/prolusione-cardinale-bagnasco-consiglio-permanente-29-settembre

Si può osservare uno schema abbastanza preciso, che consiste in 6 fasi in cui un’idea si può evolvereimpensabile -> radicale -> accettabile -> razionale -> diffusa -> legalizzata. Come esempio e lungi da qualsiasi giudizio, basti pensare all’omosessualità: inizialmente era considerata una malattia mentale, poi si cominciò a riconoscere qualche eccezione giustificata come stato deviato della personalità. Via via nella società si instillò il senso di colpa per aver discriminato persone fino a quel momento considerate malate, fino ad arrivare allo sdoganamento di qualsiasi forma di sessualità, promuovendola da patologia a sfumatura.

Diceva Papa Benedetto XVI nell’omelia del 17.2.2013: «Il tentatore è subdolo: non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bisogni primari. In questo modo, Dio diventa secondario, si riduce a un mezzo, in definitiva diventa irreale, non conta più, svanisce». Oggi in generale la soddisfazione di se stessi, dei propri gusti, della propria individualità, ivi compresa qualsiasi perversione, è accettata purché non turbi la pace sociale: è ormai passata alla cronaca persino l’apertura di case d’appuntamento con bambole gonfiabili (anche in Italia), persone sposate con una giostra o col proprio cane:
  • https://www.tgcom24.mediaset.it/magazine/torino-ha-aperto-la-prima-casa-di-piacere-con-bambole-in-silicone-tutto-esaurito_3161197-201802a.shtml
  • https://www.commentimemorabili.it/storie-amore-uomini-oggetti
  • https://www.corrieredellosport.it/news/attualit/2021/11/22-87271179/divorzia_dal_marito_e_sposa_il_cane_sono_al_settimo_cielo_
Sembra proprio di essere in quel periodo di falsa pace preannunciato da Maria a La Salette: «Prima che ciò succeda vi sarà una specie di falsa pace nel mondo; non si penserà che a divertirsi; i malvagi si abbandoneranno a ogni sorta di peccato». È il passo che mi viene in mente ogni qualvolta mi riunisco con colleghi, clienti e fornitori provenienti da ogni parte del mondo: colloquiamo in inglese parlando lo stesso gergo di business, viviamo in pace tra popoli in nome del business, tutti accomunati dall’obiettivo unico di fare ancora più business. Ci fu un tempo in cui i Romani combattevano contro i Galli e i nord europei erano semplicemente i “barbari”. Oggi, al termine di riunioni in cui si parla sostanzialmente di come guadagnare più soldi, siamo tutti allo stesso tavolo a bere birra, a parlare di lap dance, ad ostentare Rolex e Apple Watch tra simpaticissimi italiani, civilissimi nord europei, preparatissimi indiani, brillanti americani. Tutti accomunati dall’idea che la guerra, ad esempio il conflitto in Ucraina, è un inutile spreco di tempo, di soldi e di risorse. Ma dice l’Apocalisse: «Ecco, io vengo come un ladro. Beato chi è vigilante e conserva le sue vesti per non andar nudo e lasciar vedere le sue vergogne» (Ap 15).

Andavo ricapitolando: “L’uso cosciente della parola, o la manifestazione del pensiero attraverso la parola, come ebbe a dire Paolo VI, è privilegio esclusivo dell’Uomo fra tutti gli esseri creati in quanto è stato fatto ad immagine di Dio”. Quindi il primo Uomo, creato perfetto ad immagine e somiglianza di Dio, parlava. In senso accomodativo si può dire che: “In principio erat verbum”, in principio, all’inizio dell’umanità esisteva la parola, il linguaggio. Ma se ‘la parola’ era un requisito normale per l’Uomo, come poteva essere un segno che contraddistingueva Caino come uomo? Conclusi che se l’umanità ai suoi esordi era ristretta a quell’unica famiglia che necessariamente parlava e che se Caino si faceva conoscere come uomo soltanto con l’uso della ‘parola’ per non essere ucciso, era chiaro che Caino nelle forme somatiche non si dimostrava un uomo ma un ominide. L’ipotesi dell’ibridazione della specie umana con quella subumana, espressa da alcuni studiosi già nel ‘700, era dunque ben indovinata. E di conseguenza se Caino, come dice la Bibbia in Genesi 4,15, aveva timore di venir ucciso perché poteva essere scambiato per un ominide, è chiaro pure che era cominciata la caccia agli ominidi per sterminarli ed impedire che si moltiplicassero e compromettessero ancora l’integrità della specie umana mediante rapporti generativi irresponsabili. A conferma di questa supposizione starebbe il “canto della spada” di Lamek, quel Lamek discendente di Caino (Genesi 4,18-24) che non va confuso con il suo omonimo discendente di Seth (Genesi 5,25-31). Grazie a questo ‘segno’ Caino non fu ucciso. Sicuramente non prima d’aver generato, poiché noi uomini odierni siamo tutti discendenti di Caino.

In alcuni passi che non ho riportato, Dio chiede a don Guido di non parlare mentalmente (anche se questi risponde alle sue domande quando Dio le formula), ma gli chiede di parlare a voce normale. Dell’importanza, dell’insistenza, del potere della Parola ho discusso qui: https://aftermanict.blogspot.com/2015/10/il-trittico-cristologico-di-papa.html

In questo passo, don Guido desume che all’inizio dell’umanità vi fosse il linguaggio, perché traduce il controverso prologo del Vangelo di Giovanni così: «In principio vi era la Parola» (GV 1,1). Provo a spingermi oltre, proponendo un’interpretazione letterale delle parole di Giovanni «En archè en o lògos kài o lògos en pros ton theòn, kài theòs en o lògos». La CEI traduce il passo così: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio». Cioè la traduzione fa corrispondere Dio con la Parola – immagino – nell’accezione della Fisica Acustica e quindi della forma d’onda. Esteriormente Caino non era stato concepito ad immagine e somiglianza di Dio, mentre Adamo si: l’unico comune denominatore tra loro, di cui Dio diede evidenza a don Guido, era il linguaggio, ovvero l’uso della parola. Ne deduco che l’elemento di immagine e somiglianza con Dio è la Parola stessa, ovvero un’onda di energia invisibile, in grado di esprimersi in modi infiniti. La Parola è così potente da creare dal nulla il bene e il male: un complimento o un’offesa, una dichiarazione di pace o di guerra, una preghiera o una messa nera. Una conferma in tal senso mi è giunta dalla stessa Renza nel corso di un confronto telefonico che abbiamo avuto qualche anno fa: l’immagine di Dio sarebbe il Suo Spirito impresso in noi, mentre la somiglianza sarebbe riferita alla Parola. Forse tale immagine e somiglianza era unita anche a caratteristiche somatiche, come sembra emergere dalla teofania di Mosè sul monte Oreb: «quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere» (Es 33,22-23). Mano, spalle, volto... è una visione antropomorfa che però genera in me alcune domande che ancora non trovano risposta: se si tratta di una mutazione antropomorfa che Dio ha fatto per delicatezza nei confronti di Mosè, per quale motivo successivamente si manifesta in forma di nube o di rovo infuocato? E se invece Dio fosse davvero antropomorfo per motivi che mi sfuggono, a cosa Gli servirebbero gambe, mani e volto? E poi per quale motivo proprio il viso non si può vedere?

In ogni caso, la traduzione della CEI rende efficacemente il senso di corrispondenza tra la Parola e Dio. E il passo può finalmente essere rivisitato alla luce della rivelazione a don Guido: la Parola è fondamentale, tanto che Dio conferisce potere / potestà / proprietà ad Adamo sulla creazione semplicemente facendogli scegliere il nome delle creature. E ancora, quando consegna a Mosè il Suo Nome e lo fa inserire nel tabernacolo del tempio. E di nuovo, quando si manifesta in forma di nube parlante. Quindi Dio non è un essere telepatico, né un alieno come quelli descritti dagli “abducted”, ovvero le persone che raccontano di essere state rapite dagli alieni. Ma è un’entità sicuramente “parlante” nel senso più acustico del termine, e comunica a don Guido che Lui vigila sulla Sua Parola, cioè ha un’attenzione speciale su di essa.

Purtroppo la Parola non ha per noi la stessa forza della testimonianza oculare, perché la vista è il senso a cui diamo maggior importanza: probabilmente questa è una delle tare ereditate dalla nostra genitrice ancestre. Di questo argomento ho trattato in modo esaustivo nel post qui: https://aftermanict.blogspot.com/2018/10/senza-titolo.html

Quella prima rivelazione rafforzò il concetto che mi ero formato sul problema della confusione delle lingue come effetto della confusione o ibridazione fra la specie umana e quella degli ominidi-ancestri. L’uso della favella era dunque un’eccezione per Caino che doveva assomigliare in tutto ad un ominide-ancestre. Nel testo di ‘Storia Sacra’ scritto da don Bosco avevo appreso che Caino, diventato vecchio, era tanto ‘peloso’ e brutto ‘da essere scambiato per una bestia’. […] Questo ‘Signore’ fa pensare a quel Signore che “scese a confondere le lingue” nel racconto della Torre di Babele, che non può essere Dio. “Nolite fieri sicut equus et mulus quibus non est intellectus”, non fate come il cavallo e l’asino che non hanno l’uso della ragione! È assurdo pensare che Dio possa nuocere all’uomo! Quel ‘Signore’ che mise confusione nelle lingue non è Dio: è il primo Uomo e con lui quei suoi discendenti puri, i “Figli di Dio”, i “Giganti” (Genesi 6,4), che sposarono (sarebbe il caso di dire ‘si accoppiarono con’) le ‘figlie più belle dei figli degli uomini’ (Genesi 6,2) e si facevano adorare come ‘dei’ dagli schiavi, uomini ibridi. Di lì cominciò la ‘confusione delle lingue’, con la progressiva deformazione della parola. Ciò avvenne dalle origini in poi, cioè ancor prima di Noè, quando “omnis caro corruperat viam suam”, quando ogni uomo rimase formato solo di ‘carne’ (poiché Dio aveva ritirato il Suo Spirito dall’uomo ibrido), e si trovò ad avere la propria natura corrotta. Ancor prima, dunque, che tutti gli abitanti della Terra fossero diventati ibridi. Quando poi ogni uomo sulla Terra ebbe una carne corrotta perché i ‘Figli di Dio’ si erano estinti assimilati dagli ibridi ed erano rimasti solo gli ibridi, la confusione del linguaggio fra i popoli fu totale.

Nella “Storia Sacra” di San Giovanni Bosco, l’episodio della morte di Caino trova una probabile ispirazione in un testo talmudico: Caino è stato ucciso per mano del suo pronipote Lamech, che lo ha scambiato per una bestia selvaggia, e tale testo è riportato anche nell’opera rinascimentale “Cronica” che Marco Guazzo scrisse in Italiano volgare attorno al 1550. Si legge «Essendo Cain fatto molto uecchio, & Lamech cieco, & gran cacciatore di selueggìne. Cain tra alcuni arboselli ritrouandosi, uenne ueduta la sua ombra da un giouane guidatore di Lamech, & credendolo una fiera, con le sue parole fece che Lamech indrizzato l’arco a quel luogo, trasse una saetta a Cain, & con quella ammazzollo, & morto che l’hebbe, & conosciutolo di cio tutto turbato ammazo quel giouine».

https://books.google.it/books?id=ToYMqbQSyQ0C&pg=PA2&lpg=PA2&dq=%22Cain+fatto+molto+uecchio%22&f=false#v=onepage&q=%22Cain%20fatto%20molto%20uecchio%22&f=false

Nella Storia Sacra di don Bosco si legge: «Menò il resto della sua vita in preda dei più crudeli rimorsi, finché (come comunemente si crede) la terminò trafitto di un dardo da Lameco suo pronipote, che lo aveva creduto una fiera.» http://www.documentacatholicaomnia.eu/03d/1815-1888,_Bosco_Giovanni,_Vol_192_storia_sacra_[10a_edizione],_IT.pdf

Il punto dirimente ancora una volta è la Parola, il cui peso è confermato nella confusione delle lingue di Babilonia, episodio biblico metaforico che qui trova una finalmente la sua valida spiegazione. Abbiamo intravisto e vedremo meglio più avanti che l’uso del termine “Signore” nella Bibbia è bivalente, usato a volte nel senso di “Signore Iddio” e altre volte nel senso di “Adamo Signore della terra”. Il “Signore” che creò l’universo è riferito a Dio, mentre il ”Signore” a cui ad es. Caino e Abele offrivano il frutto del proprio lavoro, è riferito ad Adamo, come la rivelazione spiegò in modo visivo. Invece gli autori della Bibbia compressero i due termini in un unico termine “Signore”, generando così grande confusione. In generale, quelle che a prima vista sembrano novità inconciliabili trovano la loro spiegazione nell’odierna comprensione delle metafore del testo mosaico, nonché delle manipolazioni compiute dai sacerdoti e dagli scribi fin dal tempo dello scritto yahwista.

Una nota a latere. Alla luce della rivelazione, ho riletto lEpopea di Gilgamesh, che è il più importante testo mitologico e religioso della civiltà babilonese giunto a noi, oltreché uno dei testi più antichi dopo la Bibbia. LEpopea racconta le gesta eroiche di Gilgamesh, re di Uruk, che il narratore descrive sottolineandone le conoscenze preternaturali simili a quelle della discendenza di Adamo, nonchè il DNA quasi puro«[…] raggiunse la più profonda conoscenza, che apprese e fu esperto in tutte le cose […] scoprì ciò che era celato, e riportò indietro storie di prima del diluvio […] è superiore agli altri re, imponente di statura […] Per due terzi è dio, per un terzo uomo». Subito dopo aver introdotto Gilgamesh, il racconto prosegue con le gesta di colui che diventerà suo amico e co-protagonista Enkidu, che la narrazione descrive praticamente come un ominide animalesco: «Tutto il suo corpo è coperto di peli, la chioma fluente come quella di una donna […] Con le gazzelle egli bruca l’erba, con il bestiame beve nelle pozze d’acqua, con le bestie selvagge si disseta d’acqua». Una buona traduzione si trova in lingua italiana qui: http://www.50epiu-unilucca.it/downloads/Poema%20di%20Gilgamesh%20(testo).pdf

Gilgamesh aveva un DNA puro al 66%, che gli portava in dote doni preternaturali e una statura imponente, tutte caratteristiche che l’autore sumero evidenzia come peculiarità e che ora trovano un senso nella rivelazione a don Guido: infatti, alla luce di ciò che abbiamo appreso, risulta evidente che Gilgamesh avesse una natura divina, poiché era appartenente al ramo dei Figli di Dio. Un’ulteriore conferma arriva dalle fonti mesopotamiche, che lo appellano “divino” (https://it.wikipedia.org/wiki/Gilgameš). Inoltre risulta evidente anche che fosse un discendente diretto di Noè, circostanza questa che viene ancora una volta confermata nella stessa Epopea: «Da Utanapishtim [uno dei tanti nomi di Noè], mio antenato voglio recarmi». È anche interessante notare la convivenza tra uomini e ominidi abili in amicizia tra loro: Figli di Dio e figli degli uomini, giganti e hominina, ovvero la famiglia zoologica a cui appartiene l’uomo.

Ecco dunque perché aveva così grande valore l’obbedienza a Dio: il Giovane non poteva conoscere le leggi della genetica, e Dio non era tenuto a spiegargliele, ma solo a dargli un ordine e fargli sapere che, se avesse trasgredito, la sua specie, come specie pura, avrebbe trovato la morte… l’estinzione. È quanto è accaduto.

Accade anche a noi al giorno d’oggi: perché dobbiamo obbedire ai comandamenti? Perché dobbiamo pregare? Che senso ha digiunare? Non dovrebbero essere gradite a Dio altre opere più concrete? Le domande che ci poniamo sono viziate dalla nostra visione confinata nei limiti dell’imperfezione, delle leggi naturali, dello spazio / tempo. Ci poniamo domande e, se non capiamo, ci rifiutiamo di eseguire una disposizione basata su un atto di fede: pretendiamo di ricevere spiegazioni esaurienti, motivazioni valide e risposte convincenti prima di fare qualsiasi cosa. Da questo punto di vista i nostri nonni erano più fortunati di noi, perché nella loro ignoranza (molti di essi erano illetterati) erano ben consapevoli dei propri limiti e tendevano a fidarsi delle persone letterate (il medico, l’insegnante, il notaio...), ma soprattutto della parola di Gesù e anche del sacerdote che gliela spiegava. Invece ai tempi di internet, le persone sono convinte di sapere tutto. Oppure sono certe di poter reperire tutte le informazioni corrette e veritiere in qualsiasi momento con una semplice ricerca dal telefono cellulare. O ancora credono di poter mettere in discussione qualsiasi cosa con domande tipo «Chi lo ha detto?», «Dove sono le prove?», «E quindi? Io cosa ci guadagno?», oppure frasi magiche tipo «È una cospirazione», «Sono pagati dalle lobby», «È una fake news». Si tratta dei cosiddetti “bias cognitivi”, ovvero approssimazioni, pregiudizi e scorciatoie che il cervello umano prende pur di evitare il costo cognitivo di elaborare nuove informazioni, oppure per evitare un’azione, o ancora per esorcizzare emozioni travolgenti, come ad esempio mettere in discussione le proprie credenze. Dal momento che il cervello umano consuma glucosio quando deve elaborare le informazioni, farà di tutto per evitare lo sforzo. Tra i bias che collaborano a tenerci saldi nell’errore, sicuramente un posto speciale meritano:
  • Il pregiudizio di conferma, il bias per il quale ci circondiamo di persone, cerchiamo notizie e costruiamo prove che confermano ciò che già sappiamo;
  • L’effetto Dunning-Krueger, che ci fa sopravvalutare o sottovalutare le nostre potenzialità;
  • L’attenzione e la memoria selettiva, ma anche tutte le “euristiche”, cioè quei filtri con cui ci raccontiamo le cose, prestiamo attenzione e memorizziamo le informazioni a seconda della nostra convenienza inconscia.
Oggi le persone prevaricano la scienza medica, aggrediscono gli insegnanti, offendono le forze dell’ordine, si fanno beffe delle leggi. In generale le persone rifiutano o sminuiscono o ignorano qualsiasi entità che disponga, insegni, limiti la propria libertà nel senso più lato del termine; in poche parole, sono arroganti, presuntuose, egoiste. Gli individui si laureano all’Università di Youtube, bevono come se fosse acqua fresca qualsiasi bufala costruita appositamente per generare visualizzazioni pagate: l’esperto di turno riesce ad affascinare le persone inducendole a riconoscersi in qualsiasi tipo di contestazione o controtendenza, a sentirsi parte di un gruppo elitario di liberi pensatori, tutto in cambio di metriche della vanità quali lo scambio reciproco dei “likes” sui propri canali social. Questo meccanismo è alla base delle cosiddette “camere di risonanza” o “echo chambers”, cioè ambienti quali canali social o gruppi chiusi, in cui gli individui si aizzano a vicenda senza alcun tipo di contraddittorio che possa fare da cuscinetto. Il meccanismo dei likes non fa altro che autoaffermare gli individui nel proprio narcisismo e oggi rappresenta il modo che il singolo individuo usa per sfamare le 3 Fami teorizzate da Eric Berne, di cui ho parlato qui: https://aftermanict.blogspot.com/2018/10/senza-titolo.html

È curioso osservare come, in un mondo di creduloni, la gente faccia fatica a credere nel messaggio di Gesù, come invece facevano le generazioni passate: appunto perché vige la falsa illusione della propria onniscienza attraverso l’enciclopedia di internet. Eppure oggi più di ieri abbiamo gli strumenti culturali e scientifici per capire e spiegare perfettamente l’atteggiamento di Dio, che dà un ordine senza doverlo giustificare, esattamente come fa un genitore col proprio figlioletto di 2 anni quando gli impone di dargli la mano quando attraversano la strada, senza dovergli necessariamente spiegare cosa c’è scritto su un cartello stradale, a cosa servono le strisce pedonali, che si rischia di morire. Nessun genitore prima di attraversare la strada spiega ai figli il codice della strada, la semiotica, la biologia e la metafisica: dà un ordine immediato e si aspetta che il proprio figlio gli obbedisca in piena fiducia.

Voler fare come Dio aveva fatto è stata l’infausta presunzione del primo Uomo che così creò un ‘ponte’ fra le due specie, aprendo la via all’involuzione della specie umana dalla quale tuttora non siamo completamente risorti. […] Essa avrebbe portato all’estinzione della specie umana pura e al totale abbrutimento di quella ibrida se il Creatore, “per opera del quale furono fatte tutte le cose”, non fosse intervenuto ‘in extremis’ ad eliminare con il diluvio, cosiddetto universale, o con più diluvi, tutti gli individui irrecuperabili e non avesse guidato la rievoluzione di quei pochi che erano meno contaminati dalle tare ancestrali. Dunque solo in questo caso si può parlare di ‘rievoluzione guidata’. L’ipotesi o teoria sostenuta nel ‘700 da Leclerc era dunque esatta. Egli era credente e credeva alla Bibbia che dichiara l’Uomo fatto ‘molto bene’ da Dio e non allo stato di bestia in via di evoluzione, e che l’umanità fu corrotta fin dalla prima generazione a causa dell’ibridazione fra le due specie mediante il ‘trait d’union’ o ‘capo di ponte’ che l’Uomo rese ‘ponte’. Leclerc ebbe una profonda intuizione o una rivelazione? Se avesse detto di aver avuto una rivelazione sarebbe morto sul rogo!! Io non fui messo al rogo, ma ho sperimentato quanto pesi essere emarginato…

Nel capitolo 10 intitolato “Come collocare la Genesi rivelata a don Guido Bortoluzzi nell’ambito della Teologia e della Scienza”, l’autrice Renza Giacobbi fa una veloce carrellata delle teorie relative all’origine dell’uomo, da Leclerc fino al contemporaneo Catechismo della Chiesa Cattolica. È una ricerca sintetica e completa, ma qui mi fermerò alla sintesi relativa a Leclerc, per capire insieme cosa intuì questo famoso naturalista studiato e citato da don Guido.

Nel ’700 un grande filosofo e scienziato naturalista francese, George Louis Leclerc conte di Buffon (1707-1788), nominato nel 1739 intendente del Gabinetto del re di Francia Luigi XV, titolo paragonabile oggi a un ipotetico Ministro delle Scienze per le ricerche botaniche, pubblica l’opera “L’Histoire Naturelle Générale et Particulière” in 44 volumi, editi in più di una ventina d’anni. In quest’opera egli ribadisce fermamente la stabile definizione di ogni specie. In particolare sostiene la tesi della creazione dell’Uomo perfetto, corrotto successivamente a causa di un probabile peccato di ibridazione con una specie inferiore. Visto il periodo in cui vive, viene erroneamente scambiato per un illuminista anziché per un uomo illuminato. Don Guido, al termine delle rivelazioni, pensa che anche Leclerc abbia avuto qualche esperienza mistica simile alla sua, ma che egli non abbia osato parlarne per timore di veder vanificata la sua opera scientifica. La sua opera trova concorde pure lo scienziato barone George Cuvier (1769- 1832) sulla definizione delle specie. Un secolo più tardi, nel 1859, Darwin pubblica la sua opera “L’origine delle specie” in cui afferma che l’uomo deriva dalla scimmia. Lo scalpore negli ambienti cristiani è grande perché questa affermazione contraddice la Bibbia. […] Purtroppo oggi la cultura di massa si è ovunque uniformata alla tesi evoluzionista nella misura in cui l’umanità si è andata adeguando ad una mentalità laicista. Ciò non toglie che l’evoluzionismo sia uno dei più grandi abbagli della storia scientifica moderna.

Con la sua disobbedienza, Adamo fece avverare quella che non fu una punizione, ma un avvertimento che il Signore Iddio gli aveva dato e che portò all’ibridazione: che l’uomo derivi dalla scimmia è evidente, ma appunto nei termini e nei modi che stiamo trattando qui. Ad un certo punto della Storia, Figli di Dio e ominidi vivevano tutti insieme, esattamente come dice la Genesi e come dice anche la Scienza: la famiglia zoologica degli Hominini è stata datata almeno a 2,5 milioni di anni fa con il ritrovamento degli Australopitechi, ma ciò non esclude la presenza di specie anche più antiche e non ancora scoperte. Poi la colpa ricadde sulla “donna”, ma sappiamo da Dio stesso (che lo disse anche esplicitamente a don Guido) che la Donna è innocente (aveva circa 2 o 3 anni) e che, al contrario di quanto è stato scritto dagli autori biblici, fu Eva ad essere strumentalizzata da Adamo per i propri scopi.

“Moltiplicherò i tuoi affanni, le tue gravidanze: partorirai con dolore i figli, e sarai sotto la potestà del marito, ed egli ti dominerà” (Gn 3,16). Quindi anche in questo caso ‘donna’ è usato come nome collettivo. Il parto particolarmente doloroso, e spesso mortale, era la conseguenza della grandezza sproporzionata dei figli rispetto alle dimensioni del canale di parto di quelle donne ibride che avevano ereditato la conformazione del bacino stretto delle femmine ancestrali. Non è pensabile, come una volta si riteneva, che il dolore del parto fosse uno dei tanti castighi di Dio per il peccato. Anche le Donne perfette partorivano con dolore. Lo dimostra la visione di don Guido, in cui la Donna, in avanzata attesa di Seth, si sostiene il ventre quando iniziano le doglie e si accascia a terra e Adamo corre a sostenerla. Solo che ella aveva dei fianchi larghi e ben formati, e questo le facilitava il parto. […] Chi dunque aveva interesse a mettere le mani sulla rivelazione di Mosè se non re Salomone che, incolpando la donna, credeva di potersi giustificare davanti al suo popolo della sua relazione con la regina di Saba e delle sue innumerevoli concubine? Dopotutto aveva già mostrato poca sensibilità religiosa introducendo gli idoli pagani nel tempio di Dio. Quale tradimento all’Altissimo! Le sue più di mille concubine erano poca cosa in confronto. Eppure aveva iniziato saggiamente il suo regno con quella bellissima orazione a Dio. Questo dovrebbe farci meditare come il successo corrompa. Quale migliore opportunità, dunque, di stravolgere il testo della Genesi se non approfittando del momento in cui si stava traducendo in scrittura ebraica il testo originale scritto in geroglifici egiziani? Così, da allora in poi, la donna fu penalizzata da questi erronei versetti che furono un macigno sulle spalle delle donne che vennero sistematicamente sfruttate, abusate, sottomesse, penalizzate dall’assenza dei diritti naturali della persona in molte epoche e presso molti popoli perché sommariamente ritenute colpevoli di istigazione e di alleanza con Satana.

Don Guido fa anche un’osservazione sulla primogenitura, che vale anche per noi e per la nostra predisposizione ad accogliere lo Spirito Santo e i suoi Doni. Questa osservazione è particolarmente importante per poter spiegare i fenomeni soprannaturali che sono propri di alcune persone sante. Ne riparlerò in chiusura di questo post, ma è importante chiarire subito quale fu la radice che generò il “popolo eletto”, la venuta di Gesù, la caduta del primato elettivo e, infine, l’estensione della Grazia a tutto il genere umano.

Poiché Caino non fu generato ‘ad immagine e somiglianza di Adamo’, ‘il campione’ previsto e preordinato ‘ab eterno’ dal Creatore, il diritto di primogenitura spettava ad Abele! Ciò dimostra che per Dio la primogenitura non dipende da una precedenza cronologica della nascita, ma da una maggior somiglianza con la perfezione originaria che, per noi ibridi, si manifesta attraverso una maggiore o minore capacità di accogliere i Doni soprannaturali e un più profondo desiderio di conoscere ed amare Dio. Questo principio è stato valido anche tra Isacco e Ismaele, tra Giacobbe ed Esaù, tra Giuseppe e i suoi fratelli.

A quel punto, il racconto della visione prosegue con Caino che porta in dono al padre Adamo alcune mele in apparenza mangiabili. Abele ne mangia una, scopre che all’interno è marcia e la tira in testa al fratello. Questa scenetta, nata come uno scherzo, scatena in Caino un’ira brutale, che probabilmente è un odio latente o un’invidia sopita: Caino rincorre Abele, lo picchia brutalmente e lo sodomizza.

L’istinto sessuale di Caino dovette essersi manifestato più volte in famiglia se l’Uomo e la Donna dovettero coprirsi con pelli di canguro. Quello sbirciare insistente fra le gambe della Donna durante ‘L’ultimo pasto di Abele’, ogni volta che ella si curvava a raccogliere un frutto e che il lembo della falda le lasciava scoperto un ginocchio, era un segnale della sua passione latente. Caino non sapeva dominare il “furor mali desiderii”, la furia degli istinti. Era sensuale e, visto Abele allontanarsi, lo rincorse per sfogarsi. Il peccato di Caino fu un triplice peccato: di pederastia, di pedofilia e di infanticidio. Sua unica giustificazione: Caino era minorato nel corpo e nella psiche. […] Il Capostipite non uccise Caino perché il Signore lo aveva diffidato dal farlo. Per questo “il Signore aveva dato a Caino un segno, ‘la parola’, affinché chi lo incontrasse (e non poteva essere che l’Uomo) non lo uccidesse”. Dunque l’Uomo in questa circostanza obbedì all’ordine di Dio di non sopprimere Caino perché Caino era ‘figlio dell’Uomo’ e perché questa discrezionalità spettava solo a Dio. Sappiamo con certezza che rispettò la vita di Caino altrimenti non saremmo nati noi, ibridi. Caino fu invece cacciato verso Oriente. La Bibbia dice che ad Oriente prima di lui fu cacciata Eva, sua madre, forse dopo che lo ebbe svezzato o, al più tardi, quando Caino potrebbe aver mostrato un particolare interesse anche verso di lei. Si deduce per logica che Caino si accoppiò con Eva perché se Caino è “uomo” (così lo ha definito il Signore nella rivelazione che segue) è segno che, oltre alla parola, aveva il numero dei cromosomi della specie umana. Quindi poteva unirsi a tutte le femmine, ma generare solo da Eva. Da questo sventurato connubio nacquero figli e figlie, i cosiddetti ‘figli naturali dell’Uomo’ o ‘figli degli uomini’. Quindi Caino non fu cacciato dal Signore-Iddio, bensì dal Signor-padrone Adamo, il Signore della Terra! Così la triste coppia si compose, o si ricompose: ‘Lei, Eva, bestia simile a donna, e l’altro, Caino, uomo simile a bestia’. Abele va annoverato fra i ‘Santi Innocenti’ e fu il primo martire a salire al cospetto di Dio. […] Don Guido si domandava perché Caino fosse così perverso se il padre era perfetto e gli ancestri erano esseri buoni, più fedeli e mansueti del cane. Senza dubbio lo squilibrio è dovuto alla distorsione genetica. Questo sangue corrotto, poiché è frutto di un incrocio disarmonico di due specie, diventa portatore di qualità negative, incomplete o distorte. Disse il Signore a don Guido: “sarà il demone per l’uomo” parlando di Eva, riferendosi al suo DNA. A questo demone si aggiunga l’intelligenza messa a servizio degli istinti non più regolati dalle sapienti leggi programmate dal Creatore. Dalle scimmie l’uomo ha ereditato gli istinti deviati omosessuali. Alcuni studiosi di comportamenti animali affermano che la sodomia è tipica di alcuni tipi di scimmie, come i Bonobo, una razza di scimpanzé, le quali mostrano con questo comportamento la loro supremazia fisica su altri individui del gruppo. I lupi o altri animali invece, quando sono vinti, si allontanano dal branco o si gettano a terra supini scoprendo il collo indifeso alle zanne del vincitore che spesso, soddisfatto del riconoscimento della vittoria, abbandona la lotta. Di certo Caino, oltre alla stizza per lo smacco ricevuto nella scaramuccia durante ‘L’ultimo pasto di Abele’ e l’invidia, o la gelosia per la preferenza che il padre Adamo dimostrava per il figlio legittimo, voleva provare la sua superiorità fisica sul fratellino a causa del suo grande complesso d’inferiorità. Da una statistica effettuata da uno studio negli Stati Uniti è risultato che il 10% della popolazione della Terra è soggetta a ‘tendenze omosessuali’. Dopo questa rivelazione, capiamo chiaramente che tale distorsione psicosomatica è una delle tante tare ereditarie derivate dalla dal regno animale con il ‘peccato originale’. Non per nulla la dottrina cristiana dice che ‘i peccati contro natura’ sono tra ‘i peccati che gridano verso il cielo’ (Catechismo della Chiesa Cattolica 1867).

Ecco spiegato anche il motivo per cui l’Uomo e la Donna cominciarono a coprirsi dopo il peccato originale (e la nascita di Caino). La storia continua con il racconto dell’altra progenie perfetta, quel Seth che nacque prematuramente quando la Donna vide che il figlio Abele era morto:

E Adamo conobbe ancora sua moglie, ed ella partorì un figlio a cui pose nome Seth, dicendo: “Il Signore mi ha dato un’altra discendenza in luogo di Abele ucciso da Caino”. Sappiamo che la madre di Abele e di Seth è la Donna, la legittima sposa di Adamo. Qui non viene nominato anche Caino come figlio della Donna, perché Caino non è figlio della Donna. È una precisazione importante. Viene messo invece in evidenza che la nascita di Seth compensa la morte di Abele (in luogo di Abele), che era ad immagine e somiglianza di Dio, e non quella di Caino che non lo era. Tolta questa accezione, in tutti gli altri casi il termine ‘moglie’ viene usato in modo improprio per indicare Eva che non era moglie, ma che è stata partner di Adamo per una sola volta. Al versetto Gn 3,20 si legge: “E Adamo pose a sua moglie il nome di Eva”. Qui viene usato ancora in modo improprio il termine ‘moglie’ benché questa non fosse sua moglie, ma la femmina ancestre. E al versetto successivo si dice: “E il Signore Iddio fece ad Adamo e a sua moglie delle tonache di pelle e li vestì e disse: “Ecco che Adamo è diventato come uno di noi, conoscitore del bene e del male: impediamogli che a sorte (per caso) non stenda la sua mano e colga anche (ancora) dell’Albero della Vita e ne mangi e viva in eterno”. Questo versetto merita attenzione perché è un condensato di notizie. Le tonache di pelle parrebbero dei vestimenti, ma la frase che segue ci dice che Adamo è diventato ‘conoscitore del bene e del male’. Questa espressione l’abbiamo già vista applicata ad Eva. Quindi quel soggetto non può essere Adamo, ma va attribuito ai discendenti ibridi di Adamo ed Eva che hanno preso l’aspetto degli ancestri che erano pelosi. Quelle tuniche sono un eufemismo per dire che i Cainiti erano coperti di pelo. Anche qui ‘Adamo’ è usato come nome collettivo che sta per la sua discendenza illegittima. Più interessante è la seconda parte del versetto: impediamogli che a sorte (per caso, sfortunatamente) non stenda la sua mano e colga anche (ancora) dell’Albero della Vita e ne mangi e viva in eterno. Chi pronuncia queste parole può essere solo un Figlio di Dio che si preoccupa che i Cainiti possano rapire (cogliere) le Figlie di Dio, le Figlie dell’Albero della Vita. Evidentemente la pratica del rapimento delle Figlie di Dio da parte dei Cainiti cominciò molto presto se i Figli di Dio dovettero provvedere ad impedirla attraverso dei militanti armati, i Cherubini forniti di spade fiammeggianti, di metallo che scintillava al sole, affinché proteggessero l’habitat dei Figli di Dio. Poi si accenna ad un altro concetto diffuso nell’antichità, quello di ritenere che i Figli di Dio fossero immortali, che vivessero in eterno. Tutti i popoli antichi confusero l’immortalità dell’anima con quella fisica. Pensavano che questi esseri superiori in statura e bellezza fossero immortali, perciò erano interessati a carpirne il segreto. Non avevano capito che la loro immortalità era spirituale. Vediamo per esempio nell’epopea sumera di Gilgamesh che questo eroe va alla ricerca del suo avo, Napistim, ossia Noè, per carpirgli il segreto dell’immortalità. Lo stesso significato lo attribuivano gli Egizi alla mummificazione e alla costruzione di tombe colossali per assicurare la vita dell’aldilà. La vita dopo la morte era intesa in maniera infantile. Anche i Greci pensavano che gli dei descritti nella mitologia non dovessero mai morire. Solo il popolo ebraico viene illuminato da Dio sul vero significato della vita eterna. Da qui il motivo, anche per i Cainiti, di rapire le Figlie di Dio nell’intento di avere da esse dei figli immortali. I Giganti, perciò, di cui si parla al 6° capitolo della Genesi, ossia i figli dei Figli di Dio e delle figlie degli uomini, non furono i primi giganti ad apparire su questa terra, perché altri erano sicuramente già comparsi molto tempo prima, quando vennero alla luce quei poveri figli ibridi che la Genesi non nomina esplicitamente, ma che furono frutto di connubi terrificanti fra i Cainiti e le Figlie di Dio rapite di cui si sottintende al versetto Gn 3,22 con quell’espressione “anche”, ossia ‘ancora’, perché evidentemente ciò era già accaduto.

Come abbiamo accennato in precedenza, è il momento di una digressione sulla vita dopo la morte, perchè, esattamente come Genesi ed Apocalisse, anche l’aldilà ha avuto una testimonianza lampante e recente da parte di un religioso cattolico: Padre Jean Derobert, poi diventato abate della Cattedrale di Montmartre a Parigi, morì fucilato in Algeria negli anni ’50 e resuscitò subito dopo. Padre Derobert ha descritto con dovizia di particolari l’aldilà in varie interviste, tra cui anche una resa alla RAI in lingua italiana. In realtà, i racconti di resurrezione sono moltissimi ogni anno e molti di essi sono anche inspiegabili dalla Scienza. Io stesso ho avuto l’onore e l’onere di raccogliere una testimonianza molto simile, che mu ha fatto un collega, entrato in coma dopo un incidente in scooter e rimasto gravemente offeso dopo il risveglio. Il mio collega è salito in cielo attraverso un tunnel di luce, ha incontrato molti conoscenti e ha riconosciuto Gesù che lo attendeva a braccia aperte. Ma, al momento di andargli incontro felice, suo nonno è avanzato dalla folla, gli ha urlato contro che non era la sua ora e, dopo che gli ha mollato un ceffone, il mio collega si è risvegliato: erano passate due settimane.

L’autore Paolo Vita (sarà uno pseudonimo?) ha affrontato l’argomento in modo molto dettagliato nel suo libro, aggiornato al 2020 e reso pubblico al sito http://redazionevita.altervista.org/MorireBello.htm. Coloro che hanno sperimentato questo passaggio non hanno più paura della morte, ma al contrario, «Tornata al suo stato incarnato e percependo la pesantezza del suo corpo fisico, dopo tanta leggerezza e bellezza, ne fu molto delusa e depressa ed impiegò parecchio tempo per accettarlo». Un ulteriore approfondimento su questo tema non è necessario, perché il materiale presente sul sito di Paolo Vita è davvero completo. Pertanto torniamo alla rivelazione di don Guido.

Il racconto di un diluvio universale è un cosiddetto “mitologema”, cioè un mito presente nelle culture di tutto il mondo, e presenta elementi ricorrenti. Tra questi elementi spicca la figura di Noè (benché con nomi diversi https://it.wikipedia.org/wiki/Noè), la sua immortalità, ma anche la sua natura divina e, a volte, anche la sua appartenenza ad una razza superiore: https://it.wikipedia.org/wiki/Diluvio_universale.

Ma in questo passo della rivelazione il tema forte è quello del “secondo peccato”, quello ancora più grave, commesso dai Figli di Dio con le figlie degli uomini: «quando i Figli di Dio videro che alcune figlie degli uomini erano desiderabili ‘per avere conoscenza’, (ossia per avere rapporti generativi) le presero in moglie». Tale peccato, che come abbiamo già visto fu sicuramente volontario e probabilmente frutto di calcoli, provocò la totale scomparsa della stirpe perfetta. A questo peccato seguì anche la scomparsa dello Spirito di Dio dall’Uomo, perché l’ominide ibrido era incapace di trattenerlo dentro di sè, esattamente come un vaso bucato. Qui si accenna anche al secondo peccato “al contrario”, ovvero quello commesso dai Cainiti che rapivano e violentavano le Figlie di Dio, che però viene parzialmente giustificato dalla natura bestiale di questi ominidi rispetto ai Figli di Dio.

Don Guido riteneva che questo secondo peccato sia stato più grave del primo perché commesso nella consapevolezza di generare prole imperfetta, mentre Adamo aveva peccato ‘in spe’, ossia nella speranza di avere un figlio perfetto. Dice la Bibbia (Gn 6,4) che dall’incrocio di queste due discendenze di Adamo, quella dei Figli legittimi e quella dei figli illegittimi inquinati da sangue ancestrale, nacquero ‘i giganti’, quegli esseri mostruosi e possenti le cui gesta ispirarono molte pagine della mitologia. Parallelamente nacquero anche nani, storpi e malati. Questi nuovi discendenti naturali del primo Uomo, avendo assunto nel loro sangue gli istinti del regno animale come già avvenuto al tempo di Caino, persero a loro volta ‘l’immagine di Dio’ non solo nel loro aspetto esteriore, ma, cosa assai più terrificante, anche nel loro aspetto interiore: erano potenzialmente violenti, dalla psiche alterata e talvolta dalla sessualità deviata. Di conseguenza, persa l’immagine di Dio, ovvero la capacità di intendere e di volere in modo corretto, persero anch’essi la Somiglianza con Dio, cioè lo Spirito che Dio fin dall’origine aveva effuso sugli Uomini perfetti. […] Così Dio, non trovando più nei nuovi uomini ibridi la Sua immagine, ritirò anche da costoro il Suo Spirito. Gli effetti devastanti dell’ibridazione non sono stati una punizione di Dio, ma la conseguenza naturale di questa anomala situazione. Diremo meglio che fu l’inadeguatezza dell’uomo ibrido che gli impedì di ricevere e trattenere lo Spirito di Dio. Dice giustamente S. Paolo che dove prendono il sopravvento gli istinti bestiali, lì non ci può essere Vita dello Spirito. Perciò il povero individuo geneticamente tarato non è colpevole della sua condizione, bensì ne è vittima. E se anche la non idoneità non è una colpa, è però uno stato di fatto: è una conseguenza inevitabile del ‘peccato originale’. Ma fu con questo secondo peccato che se da un lato i Figli di Dio inquinarono la loro prole, dall’altro gli ibridi iniziarono il loro recupero grazie ai gameti perfetti che fecondarono le loro donne. […] Aver compreso il significato profondo di molte metafore e manipolazioni della Genesi ci fa capire come sia inappropriato leggere la Genesi, anzi la Bibbia intera, in modo letterale. Se più di un versetto di quello che fu rivelato a Mosè ha perso la sua autenticità lungo i secoli, è evidente che il Signore, che veglia sempre sulla Sua Parola, prima o poi sarebbe dovuto intervenire per fare chiarezza e iniziare a togliere tutti gli equivoci che sono entrati nel Testo biblico. Tuttavia, sebbene le alterazioni del testo originario e gli errori interpretativi fossero gravi, nostro Signore non si è affrettato a correggerli nei tempi passati, perché era necessario rivelare prima l’identità dei Figli di Dio e, per fare ciò, bisognava aspettare che la scienza fosse in grado di comprenderne l’aspetto genetico: la scoperta del DNA, le sue anomalie e le conseguenze di queste.

Tutti gli equivoci furono il risultato delle manipolazioni di cui ho trattato in premessa e uno degli equivoci più grandi fu quello relativo al termine “Signore”, di cui ho già parlato, ma che Renza Giacobbi chiarisce ulteriormente in questo passaggio:

Il “Signore”, altro termine polisemico. Don Guido, con il suo acuto spirito d’osservazione, aveva notato che nei primi capitoli della Bibbia Dio Creatore veniva quasi sempre chiamato con il nome composto ‘il Signore Iddio’, mentre, quando ‘il Signore’ era nominato solo, il titolo era riferito ad Adamo. Questa intuizione gli fu chiara grazie al confronto con la rivelazione ricevuta. È un particolare di non poco conto perché la non distinzione fra queste due espressioni ha confuso per secoli i biblisti e ha fatto attribuire a Dio atteggiamenti umani. […] Poiché Dio vigila sulla Sua Parola, possiamo supporre che Egli, con la rivelazione data a don Guido, abbia voluto riportare in asse ciò che già dai tempi remotissimi era stato equivocato. E possiamo anche presumere che, se il Signore non è intervenuto già prima, sia stato perché volle aspettare che la genetica scoprisse i cromosomi, il DNA e la sua doppia elica, ecc. e fosse in grado di comprendere le modalità della Sua creazione, dell’ibridazione della specie umana e le reali conseguenze del peccato originale.

Ricapitolando la genetica spiegata a don Guido e la caduta dell’evoluzionismo:

La cellula di un qualsiasi tessuto umano ha 46 cromosomi disposti a coppie su due filamenti paralleli visibili al microscopio. Ogni cromosoma può avere 100.000 geni, visibili solo al microscopio elettronico, disposti ciascuno nel suo ‘loco’ come le perle di una collana, su un filamento minutissimo a forma di spirale avvolto su se stesso. Quindi una cellula umana con i suoi 46 cromosomi può avere più di 4 milioni di geni. […] Nell’apparato riproduttivo di ogni essere vivente, ci sono delle cellule predisposte alla fecondazione: i ‘gameti’, composti da un solo filamento. Negli animali superiori e nella specie umana i gameti sono differenziati in femminili, gli ovuli, e maschili, gli spermatozoi. Dall’unione di due gameti, uno maschile e uno femminile, della stessa specie, si forma la cellula ‘zigote’ che, sviluppandosi, genera un individuo della stessa specie. Quindi ‘la cellula germinativa’, o zigote, è composta da due serie di cromosomi, o filamenti, racchiusi in un sol nucleo. Nella specie umana ogni gamete è composto da 23 cromosomi, sia che provenga dal seme del padre, sia che provenga dalla madre, per cui lo zigote da essi formato ne comprende 46. Quell’individuo avrà ereditato così i suoi caratteri fisici e psichici dai genitori: metà dal padre e metà dalla madre. A sua volta ne trasmetterà la metà per via di generazione ai suoi discendenti, obbedendo alla legge del Creatore: “Moltiplicatevi secondo la vostra specie”.
[…]
Fu l’ibridazione della specie umana a sviare le conclusioni basate sulle osservazioni dei reperti archeologici, i quali reperti non chiarivano se appartenessero a esemplari provenienti dalla parabola discendente in via di regressione o a quella ascendente in via di ‘ricostruzione’, cammino quest’ultimo che venne scambiato dagli antropologi per evoluzione. […] Come spiegare allora i cambiamenti di molte specie dovuti all’ambiente? Gli adattamenti dovuti all’ambiente, come il colore del manto, la grandezza dello scheletro, ecc., sono sempre compresi nell’ambito delle variabili già previste nella specie stessa al momento della sua creazione. Comunque questi adattamenti interessano solo il fenotipo, ossia i caratteri secondari, ma mai possono trasformare una specie in un’altra modificando il genotipo, cioè il genoma specifico di una determinata specie. La modifica resta sempre un semplice adeguamento all’ambiente entro i limiti previsti per quella specie. Riguardo all’origine dell’uomo, gli studiosi sono stati fuorviati dai reperti fossili che hanno evidenziato una trasformazione nel tempo della specie umana. Perciò pensarono ad un’evoluzione. Ma essi, ignorando che a monte vi era stata un’ibridazione di questa specie, trassero delle conseguenze errate. Noi sappiamo invece per rivelazione che l’ibridazione della specie umana si è verificata a causa del peccato originale, o meglio, è il peccato originale stesso. Il problema dell’ibridazione può sollevare una reazione in coloro che credono che tutti gli ibridi siano sterili, ma nella realtà non tutti lo sono. Tra specie geneticamente vicine può accadere eccezionalmente che nasca una prole ibrida, ma questa ha un alto grado di sterilità e qualora sia in grado di generare, si estingue entro la seconda generazione. Solo nel caso della specie umana l’ibridazione è divenuta possibile, nonostante il salto di due cromosomi fra le due specie pure, per la presenza della femmina ancestre che, con i suoi 47 cromosomi, ha fatto da ‘ponte’ fra la specie degli ancestri, che ne aveva 48, e la specie umana, che ne ha 46. Non solo: fu possibile perché Eva era stata creata geneticamente compatibile con l’Uomo per il ruolo stesso di incubatrice per il quale era stata creata. […] Il principio citato da don Guido che “Deus non facit per Se quod facere potest per creaturas”, ovvero che Dio non ricorre a un atto creativo quando può usare ciò che ha già creato. […] Per cui una discendenza umana ibrida divenne reale. Poi, con lo scorrere delle generazioni, gli individui con 46 cromosomi si affermarono rispetto a quelli con 47 cromosomi perché dotati di maggior aspettativa di vita. In natura esiste un caso singolare che potrebbe considerarsi un esempio di popolazione con individui dotati di un diverso numero di cromosomi, esempio che dimostra che questa situazione non è di per sé impossibile. Esiste a tutt’oggi un tipo di Lemuride, il ‘Lemur fulvus fulvus’, che presenta una popolazione mista, in cui vivono in perfetta interdipendenza individui, tutti vitali e fertili, con un diverso numero di cromosomi e, cosa più importante, questi individui sono interfertili: cosa che probabilmente è accaduta anche agli esordi della specie umana.

Tornando alla generazione di Seth, cioè quella dei Figli di Dio, don Guido effettua alcuni calcoli e riesce a dimostrare l’antitesi della coppia salvatrice formata da Gesù / Maria in contrapposizione alla coppia peccatrice Adamo / Donna. Tale antitesi era già stata proposta dalla mistica Maria Valtorta nella prima metà del XX secolo e trova un’ulteriore conferma nei calcoli di don Guido.

La Genesi dice che Adamo generò Seth a 130 anni e Seth generò Enos a 105 (Genesi 5,6). È mia opinione che l’età dei Patriarchi dell’epoca prediluviana indichi ‘le stagioni’ in luogo degli anni, ma non così nell’epoca postdiluviana. Perciò, riducendo gli anni in stagioni, Adamo avrebbe generato, secondo le indicazioni della Bibbia, il Figlio Seth a 32 anni e mezzo e Seth avrebbe generato il Figlio Enos a circa 26 anni, mentre tutti gli altri ‘Figli di Dio’ generarono in età più giovane. Le figlie femmine e i figli morti in tenera età nella Bibbia generalmente non venivano nominati. Dai miei calcoli, osservando alcuni particolari delle visioni che ho avuto – dice sempre don Guido – Adamo, quando nacque Seth, aveva appunto circa 33 anni, poco più o poco meno. Infatti, sommando approssimativamente l’età sua (16 anni) di quando nacque la Donna, l’età della Donna (14 anni) quando nacque Abele e l’età di Abele quando morì (3 anni), fanno circa 33 anni. Dunque l’ipotesi che la Genesi chiami ‘anni’ le stagioni farebbe coincidere in modo sorprendente la presunta età di Adamo di questa rivelazione al momento della nascita di Seth, con quella indicata nella Bibbia riducendo gli anni in stagioni. È troppo singolare per essere una mera coincidenza! Ed è ancor più singolare – continua don Guido – che l’atto di ribellione di Adamo sia avvenuto pressappoco alla stessa età in cui fu crocifisso Gesù. Salta agli occhi un’immagine di Gesù che pare la controfigura, al positivo, del Capostipite Adamo: Gesù compì un atto di obbedienza estrema in contrapposizione, e suppongo anche in riparazione, all’atto di ribellione di Adamo. Molte sono anche le similitudini fra Gesù e Adamo:
  1. Gesù è concepito per intervento divino come Adamo;
  2. nasce in estrema povertà, alla presenza di animali miti e docili, come il primo Uomo;
  3. Gesù al tempo della pubertà fa la Sua professione pubblica di sottomissione e di obbedienza a Dio, in contrapposizione all’atto di autosufficienza e disobbedienza di Adamo quando, ancora ragazzino, commise il ‘peccato originale’;
  4. Adamo si considera un ‘dio in Terra’ e vuole dei figli solo suoi per esercitare su di essi la sua autorità negandoli a Dio, mentre Gesù venuto non per giudicare ma per servire, dà la Sua stessa vita per ridare i figli a Dio, se non più legittimi, almeno ‘adottivi’;
  5. Dio dirà di Gesù al tempo del Suo Battesimo: “Questo è il Mio Figlio prediletto. Ascoltatelo!”. Non così poté dire di Adamo.
  6. Gesù muore per testimoniare l’Amore di Dio verso gli uomini a 33 anni, come vuole la tradizione, mentre Adamo proprio a quell’età si ribellò palesemente a Dio.
  7. La causa della tentazione e della ribellione di Adamo è stata la mancanza di fiducia in Dio, mentre Gesù è totalmente fiducioso e abbandonato in Dio.
Infine Adamo, dopo aver estromesso Dio dalla sua vita, sostituendosi a Dio stesso, Gli attribuisce, con grande presunzione, colpe che invece erano solo sue. Non ha voluto riconoscere le proprie responsabilità. Né la Bibbia, né questa rivelazione, ci dicono nulla sul suo ipotetico pentimento, tranne che “si incipiò ad invocare il Nome di Dio solo dopo la nascita di Enos”. […] La tradizione ortodossa dice che Adamo morì sul Monte del Cranio, dove fu crocifisso Gesù, così che il Suo Sangue colasse su quella terra che aveva sepolto le spoglie di Adamo, purificandolo dal suo peccato.

L’autrice osserva come alcuni tratti tipici dei Figli di Dio siano stati conservati e considerati criteri di bellezza in modo praticamente immutato fino ai giorni nostri: l’altezza, la lunghezza delle gambe, l’assenza di peli specialmente nelle donne. Questi tratti si ritrovano nell’impronta lasciata sulla Sacra Sindone e pertanto indirettamente ne confermerebbero l’autenticità come sudario di Gesù.

Se osserviamo la Sindone, oltre a considerare i segni struggenti della Passione di Gesù, restiamo colpiti dalla lunghezza delle gambe rispetto al busto. Se Gesù, pur essendo Figlio di Dio, ha abbassato la Sua naturale altezza per non umiliare l’umanità, tuttavia ha mantenuto le caratteristiche e le proporzioni dell’Uomo originario: l’assenza di peluria, la barba assai ridotta e naturalmente ben disegnata, le braccia proporzionate al tronco e non eccessivamente lunghe come per noi uomini. Così le spalle che nell’uomo originario non erano più larghe del bacino. Nessuno oggigiorno penserebbe che le spalle più larghe del bacino, vanto di molti culturisti, sono un carattere ancestrale. Una curiosità che colpisce è la presenza in noi del senso del bello e dell’armonioso. Eccettuati pochi casi anomali, esso è una reale caratteristica dell’animo umano e sembra avere la sua origine nel ricordo primordiale dei requisiti dell’Uomo perfetto. Non si spiegherebbe altrimenti come anche un lattante sia attratto dal bello oggettivo e rifugga il brutto. Il suo giudizio non è influenzato né dall’esperienza né dalla cultura: è istintivo. La vista di un ancestre lo spaventerebbe. Pertanto, e questo è un mistero, per tutti il senso del bello è orientato verso un’unica direzione: l’Uomo e la Donna originari. Come può il concetto del bello essere stampato nel profondo della nostra coscienza? Si trasmette anch’esso per via genetica? Generalmente le preferenze estetiche cadono sempre in base a gusti concordi, come nei concorsi di bellezza dove vengono apprezzate le gambe lunghe, le fronti spaziose, gli occhi non sporgenti e così via: requisiti che avevano gli Uomini puri. Chiesi a don Guido se questa rivelazione rischiasse di alimentare il razzismo, constatando che vi sono popolazioni di pelle bianca, rossa, nera e gialla. Mi spiegò pacatamente che il razzismo è un atteggiamento umano e non di Dio che invece guarda il cuore, non l’aspetto. Dio ama indistintamente tutti gli uomini. Egli vede in ognuno ciò che avrebbe dovuto essere senza il ‘peccato originale’ e soffre per ciò che l’uomo è. Il colore chiaro della pelle, che ai bianchi può sembrare un privilegio, può diventare un ostacolo alla loro salvezza perché può ispirare sentimenti di autocompiacimento e di orgoglio. Viceversa, quello che a noi può sembrare un difetto può rivelarsi un dono. Ciò su cui saremo giudicati sarà solo l’apertura del cuore, verso Dio e verso gli uomini.

Nel libro si legge anche una bella riflessione sulla Giustizia Divina. Perché mai Dio, nella Sua infinita Misericordia e Giustizia, deve far ripagare a tutti il peccato originale, che abbiamo visto essere imputabile ad Adamo e a lui solo? Ecco finalmente una risposta esauriente e logica.

Finora si era ritenuto che Adamo e tutti i suoi discendenti avessero portato le conseguenze della sua disobbedienza. Non è così. Avendo mantenuto la perfezione del loro genoma, i Figli di Dio non furono compromessi dalle malattie e dalle conseguenze dirette di quel peccato. Perché Adamo, sebbene avesse commesso la colpa, non fu coinvolto dalle conseguenze dirette della sua colpa. Portò invece le conseguenze spirituali nel suo rapporto personale con Dio. Quando S. Paolo dice che “in Adamo ‘tutti’ peccarono” (Rm 5,12) non pensa alla colpa, ma alle conseguenze della colpa. Si espresse così perché in passato, per un equivoco linguistico, il termine ‘colpa’ era comprensivo anche delle sue conseguenze. Molti, invece, credono che la colpa di Adamo si sia trasmessa a tutti perché, trasferendo questo ‘tutti’ alla rivelazione avuta da don Guido, pensano che si sia estesa a tutti e due i rami della sua discendenza di Adamo. Questo solo perché nulla si conosceva dei Figli di Dio. Punto importante messo in evidenza da questa rivelazione è la distinzione fra la colpa e le conseguenze della colpa. C’è un detto che don Guido ripeteva con fermezza: “Del peccato originale si ereditano le conseguenze, non la colpa. La colpa è sempre e solo individuale”. Questo è fondamentale, perché Dio è anche Giustizia, ricordiamolo, e non potrebbe mai far ricadere una colpa su chi è innocente.

Quindi la conseguenza della colpa non ci deriva da Dio, ma dalla Natura. L’uomo ormai è ibrido, cioè è fatto solo di carne ed anima. Pertanto può ottenere lo Spirito solo compiendo atti volontari quali il Battesimo e gli altri sacramenti, la preghiera, le opere. E per poter trattenere lo Spirito presso di sé, deve riconfermarlo in continuazione con altre opere, preghiere e sacramenti, perché lo Spirito viene respinto quando il contenitore si corrompe: lo Spirito di Dio si allontana al crescere della falla.

Qui s’innesta la Nuova Alleanza ove l’uomo (uno dei due contraenti), spiritualmente diseredato, si dispone ad accogliere lo Spirito che Dio (l’altro Contraente) gli dona in cambio della sua accoglienza e della sua sottomissione. L’uomo deve sciogliersi dalla naturale sottomissione a Satana, nel cui regno è nato e al quale naturalmente sottostà, per accogliere il regno di Dio con le Sue Leggi. Ecco perché nel Battesimo si pronuncia la domanda: “Rinunci a Satana?” Con la Nuova Alleanza, cioè con la Redenzione, Dio risuscita l’uomo ridandogli la Vita dello Spirito. Questa rinascita, chiamata ‘Resurrezione’ da S. Paolo, è una vera e propria Ri-generazione dello Spirito in cui Dio dà la Sua stessa Vita spirituale al nuovo figlio adottivo. Se da un lato Dio ha ‘ri- creato’ e ‘ri-crea’ la mente e il corpo dell’umanità compromessa dalle tare del peccato originale con infiniti piccoli atti creativi di guarigione lungo tutta la sua storia, dall’altro in un attimo ‘ri-genera’ spiritualmente il singolo facendolo passare dalla sfera naturale a quella soprannaturale.

Qui è necessario fare una digressione sul mondo del soprannaturale. Fino ad ora abbiamo capito che il mondo terreno è fatto di materia visibile ed invisibile, come ci insegna anche la preghiera del “Credo”. Faccio qualche esempio di invisibilità costantemente sotto i nostri occhi: la voce, l’aria, il caldo e il freddo, la corrente elettrica, i pensieri, la musica, i sentimenti, i batteri, etc. Abbiamo anche ribadito che la vista è il senso con cui suffraghiamo la realtà che ci circonda e, di conseguenza, non riusciamo a credere a ciò che non vediamo con i nostri occhi: quando sentiamo un odore o un suono, cerchiamo immediatamente un riscontro visivo. Per questo motivo costruiamo strumenti per misurare con gli occhi ciò che non riusciamo a vedere: il termometro, l’oscilloscopio, le note musicali, etc. Per lo stesso motivo, quando un prestigiatore ci fa un gioco di prestigio sotto il naso, ci stupiamo perché non siamo riusciti ad individuarne i movimenti; quando sentiamo un rumore misterioso e non vediamo nulla, ci spaventiamo perché non siamo riusciti ad identificarne la fonte: allora, per quale motivo un evento miracoloso non riesce a suscitare una conversione di massa? Milioni di persone vanno nei luoghi di culto, ma solo una piccola percentuale di coloro che accompagnano i fedeli torna convertita. Eppure una ricerca del 2017 del Codacons (lultima disponibile ad oggi) stima che nella sola Italia (60,5 milioni di abitanti nel 2017, di cui 49,5 sopra i 19 anni) il giro d’affari degli operatori dell’occulto (maghi, cartomanti, astrologi) è stato calcolato in 8 miliardi di euro ed è costituito da un’offerta di 155.000 ciarlatani a fronte di una domanda di 13 milioni di Italiani. Cioè circa un italiano adulto ogni 3,8 persone si rivolge agli operatori dell’occulto secondo una stima che senza dubbio è al ribasso, poiché i ciarlatani sono fiscalmente invisibili, non si raccolgono in associazioni di categoria, non vengono censiti. E ovviamente i loro clienti non si fanno certo auto promozione! Per avere un termine di paragone, un sondaggio di Eurispes del 2016 rilevava che 15,3 milioni di Italiani si dichiarano cattolici praticanti: un numero pressoché equivalente ai clienti dei ciarlatani, che evidenzia come vi siano relativamente pochi fedeli che credono nei segni tangibili di Dio (guarigioni inspiegabili, fenomeni sovrannaturali, rotazioni del sole, conversioni fulminanti, etc) e relativamente molti babbei che credono nel nulla. Infatti, voglio ricordare che, nella migliore delle ipotesi, i poteri dei ciarlatani si limitano alla sparizione dei soldi. Invece, nella peggiore delle ipotesi, provengono dal diavolo e provocano possessioni / ossessioni / vessazioni diaboliche. Ne ho già parlato qui: https://aftermanict.blogspot.com/2015/10/il-trittico-cristologico-di-papa.html

Il cardinale inglese John Henry Newman, figura santa di recente canonizzazione, ci ha lasciato una testimonianza preziosissima sul mondo invisibile, che qui estraggo nelle sue parti salienti: «Ci sono due mondi, il visibile e l’invisibile: il mon­do che non vediamo esiste realmente, sebbene non lo vediamo. Il mondo che vediamo sappiamo che esiste, perché lo vediamo. Tutto quello che incontriamo con i nostri occhi forma un mondo. È un mondo immenso che arriva fino alle stelle. Così alto, così vasto, così profondo è il mondo, e tuttavia si avvicina tanto a noi, ci è così prossimo. È dovunque; e sembra che non lasci più spazio per qualsiasi altro mondo.

E tuttavia, nonostante questo mondo universale che vediamo, c’è un altro mondo, che si estende altrettanto lontano, che ci è altrettanto prossimo, e più meraviglioso; un altro mondo tutto intorno a noi, an­che se non lo vediamo; e più meraviglioso del mondo che vediamo, per questa ragione, se non per altra: che non lo vediamo. Tutt’intorno a noi c’è un numero infinito di entità, che vanno e che vengono, che ci osservano, che agiscono o attendono, e noi non li vediamo; questo è quell’altro mondo, che non possiamo scoprire cogli occhi, ma la fede soltanto lo può.

Soffermiamoci su questo pensiero. Noi siamo nati in un mondo dei sensi, cioè a dire in un mondo delle cose reali che ci stanno tutte din­torno. Una gran parte di esse giunge fino a noi, si accosta a noi, per mezzo dei nostri organi corporei, i nostri occhi, le nostre orecchie, le nostre dita. Le sentiamo, le udiamo, le vediamo, e sappiamo che esisto­no perché è in questo modo che percepiamo la loro presenza. Un nume­ro infinito di cose, animate e inanimate, stanno tutte intorno a noi, ma soltanto una porzione particolare di queste cose innumerevoli ci viene in tal modo resa comprensibile attraverso i nostri sensi. E inoltre, nell’agire su di noi, esse ci fanno consapevoli della loro presenza. Le sen­tiamo con i nostri sensi in quel momento, abbiamo la consapevolezza della loro percezione. Non solo le vediamo, ma sappiamo di vederle; non solo abbiamo qualche relazione con loro, ma sappiamo di averla. Ci troviamo tra gli uomini e sappiamo di esserci. Sentiamo il freddo e la fame, e sappiamo quali sono le cose sensibili che possono debellarle. Mangiamo, beviamo, ci vestiamo, abitiamo nella nostra casa, conversia­mo e ci muoviamo con gli altri, e adempiamo ai doveri della vita socia­le, e abbiamo vividamente coscienza di quello che facciamo, mentre lo facciamo. Tale è la nostra relazione verso una parte degli innumerevo­li esseri che stanno intorno a noi. Essi agiscono su di noi e noi lo sap­piamo bene, e noi compiamo le nostre azioni su di loro a nostra volta, e lo sappiamo bene.

Ma tutto questo non interferisce con l’esistenza di quell’altro mon­do di cui voglio parlarvi, di quell’altro mondo che agisce su di noi, sen­za tuttavia lasciare impressa in noi la consapevolezza di quello che fa. Questo mondo può essere altrettanto realmente presente ed esercitare la sua influenza su di noi, come quello che ci si rivela. Che questo mon­do esista ce lo dice la stessa Scrittura. Mi chiedete che cosa è, e che cosa contiene. Non vi dirò che tutto quello che gli appartiene è di gran lunga più importante di quello che vediamo, perché tra le cose visibili ci sono anche tutti gli uomini, nostri simili, e non v’è nulla di quello che è stato creato che sia più nobile e prezioso del figlio dell’uomo. Ma, ciononostante, prendendo nel loro complesso tutte le cose che noi vedia­mo, e nello stesso loro complesso le cose che non vediamo affatto, il mondo che non vediamo è, nella sua totalità, un mondo molto più alto di quello che vediamo davvero. Poiché, prima di tutto, là c’è Colui il quale sta al di sopra di tutti gli esseri, Colui che ha creato tutto, davan­ti al Quale tutti gli esseri sono come nulla, e con il Quale non si può paragonare nulla. Dio Onnipotente, lo sappiamo bene, esiste più real­mente e più assolutamente di qualunque altro di quei nostri consimili la cui esistenza ci è fatta comprendere attraverso i sensi. E tuttavia non Lo vediamo, non Lo udiamo, soltanto Lo cerchiamo a tentoni, però senza trovarlo.

E in quell’altro mondo ci sono anche le anime dei morti. Anch’essi quando si dipartono da questa terra, non cessano di esistere, ma si ri­tirano soltanto da questa scena visibile delle cose; oppure, in altre pa­role, essi cessano di agire verso di noi e davanti a noi attraverso i no­stri sensi. Essi vivono come avevano vissuto prima, ma la loro forma esteriore, per mezzo della quale furono in grado di restare in comunio­ne con gli altri uomini, in qualche modo che noi non sappiamo, si è se­parata da loro, e rinsecchisce in polvere, e si raggrinzisce come le fo­glie che possono cadere giù da un albero. Essi restano, ma senza i con­sueti mezzi per appressarsi a noi e per corrispondere con noi. E quando un uomo perde la sua voce e le sue mani, esiste ancora come prima, solo che non può più parlare o scrivere o, comunque, avere relazioni con noi. E così quand’egli perde, non solo la voce o le mani, ma tutta la struttura del suo corpo, oppure, come si dice, è morto, non c’è nulla che possa dimostrarci che egli se ne è andato per sempre, all’infuori del fatto che noi abbiamo perduto i mezzi di percepirlo fisicamente.

Aggiungiamo ancora: anche gli Angeli sono abitanti del mondo in­visibile, e a loro riguardo ci vien detto molto di più che riguardo alle anime dei nostri cari estinti, perché questi ultimi riposano dopo le loro fatiche; ma gli Angeli sono attivamente impegnati tra noi nella Chiesa. Si dice che essi sono tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono entrare in possesso della salvez­za (Eb 1,14). Non v’è Cristiano tanto umile che non abbia degli Angeli che lo assistono, se vive nella fede e nell’amore. Sebbene essi siano così gran­di, così puri, così gloriosi e così meravigliosi che la sola visione di loro (se ci fosse permesso vederli) ci farebbe tramortire al suolo, come fece con il profeta Daniele, per quanto egli fosse giusto e santo, ciò nono­stante essi sono i nostri con-servi, i nostri compagni di lavoro, e ci sorvegliano con ogni sollecitudine e difendono anche i più umili di noi, se siamo figli di Cristo.

Noi abitiamo dunque in un mondo di spiriti, come pure in un mon­do dei sensi, e abbiamo con quello stretta comunione, e vi prendiamo la nostra parte, anche se siamo inconsapevoli di farlo. Se questa cosa sembra strana a qualcuno, voglia riflettere che noi abbiamo parte inne­gabilmente anche in un terzo mondo, che vediamo per davvero, ma sul quale non sappiamo di più di quello che sappiamo sull’esercito degli Angeli: il mondo degli animali bruti. [...] Noi contiamo su di loro in varie maniere im­portanti; facciamo uso delle loro fatiche, mangiamo la loro carne. Que­sto però si riferisce a quelli di loro che si trovano vicino a noi. Ma, al­largate il pensiero vostro, spingetelo più lontano verso l’intero numero di essi, grandi e piccoli, nelle immense foreste, o nell’acqua, o nell’aria; e poi ditemi se la presenza di una così innumerevole moltitudine, di una natura così diversa, di forme così strane e selvagge, che vivono sulla terra senza che se ne possa accertare il destino, non sia cosa altrettanto misteriosa quanto tutto quello che la Scrittura dice attorno agli Ange­li. [...]

Dice San Paolo: Noi non guardiamo alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono; perché le cose che si vedono sono temporali, ma le cose che non si vedono sono eterne (traduzione libera). [...] Questo è il regno nascosto di Dio; e com’è ora nascosto, così al tempo stabilito sarà rivelato. Gli uomini credono di essere i padroni del mondo e di poter fare quello che vogliono. Credono che questa terra sia di loro proprietà e tutto quello che si muove in essa sia in loro po­tere, mentre essa ha altri padroni oltre loro, ed è la scena di un conflit­to ben più alto di quello che essi possono concepire. Essa contiene i pic­coli figli di Dio che essi disprezzano, e i Suoi Angeli ai quali essi non credono; e sono questi che alla fine prenderanno possesso di essa e si manifesteranno. [...] Essi si manifeste­ranno per sempre, quando Cristo verrà nell’Ultimo Giorno nella glo­ria del Padre Suo con i santi Angeli. Allora svanirà questo mondo e l’altro mondo si mostrerà in tutto il suo splendore.

Fratelli miei, siano questi i nostri pensieri, specialmente in questa stagione di primavera, quando tutto il volto della natura è così ricco e bello. Una volta soltanto in tutto l’anno, ma soltanto una volta, il mon­do che noi vediamo ci mostra i suoi poteri nascosti, e, alla sua maniera, si manifesta. Poscia spuntano le foglie, e i germogli negli alberi da frut­to, e i fiori, e l’erba e il grano spuntano. È come un irrompere, un pre­cipitarsi verso l’esterno di quella vita nascosta che Dio ha collocato nel mondo materiale. [...] Chi è mai colui che penserebbe, se non avesse l’esperienza di preceden­ti primavere durante tutta la sua vita, chi potrebbe concepire, due o tre mesi in anticipo, essere possibile che il volto della natura, allora con un aspetto così privo di vita, dovesse diventare così splendido e in tante forme varie? Quanto è diverso l’aspetto degli alberi, quanto è diverso il panorama che offrono alla vista, quando hanno sopra le foglie da quando non ce ne hanno affatto! Come sembrerebbe improbabile, pri­ma che ciò avvenga, che i rami nudi e secchi potessero d’un tratto rive­stirsi di tutto quello che è così splendido e riposante! E tuttavia, quan­do Dio vuole, le foglie vengono sugli alberi. La stagione può essere in ritardo, ma alla fine verrà.»http://www.newmanfriendsinternational.org/il-mondo-invisibile/

Fenomeni quali bilocazione, chiaroveggenza, guarigione, sono tutti poteri soprannaturali che Dio concede in forma di “doni mistici tramite lo Spirito Santo a coloro che siano in grado di trattenerlo. Sono famosi i casi relativamente recenti di Padre Pio, don Bosco, Natuzza Evolo, nonché probabilmente Suor Teresa Neumann, la stessa che profetizzò proprio a don Guido (e proprio durante una bilocazione) che egli avrebbe ricevuto le rivelazioni. Insomma, non tutti nascono con una propensione a trattenere lo Spirito, e quindi con i poteri soprannaturali, ma tutti possono ottenerli distaccandosi progressivamente dalle cose terrene. Che – attenzione – non significa rinunciare a tutto, ma significa piuttosto affrancarsi dalla dipendenza causata da tutti i desideri materiali (cupidigia, ipersessualità, gola) o legati alla riprova sociale. È una forzatura che noi possiamo operare contro la nostra natura bestiale: chi volesse ricevere doti soprannaturali deve solo fare un lavoro spirituale e avrà quei doni in aggiunta a tanti altri.

Quando Gesù interverrà, dopo la purificazione e la grande tribolazione, con una guarigione ‘per tutti’ dalle conseguenze psicofisiche del peccato originale, allora la Nuova Gerusalemme, cioè un nuovo tipo di società illuminata da Dio, discenderà dal Cielo, ossia per dono divino. Allora Gesù instaurerà il Suo Regno qui sulla terra, il Regno di Dio. Vi saranno Cieli nuovi (Cieli nuovi in questo caso sono sinonimo di ‘Spiriti nuovi’) e Terra nuova (rinnovata e purificata). Allora la creazione tornerà splendente come alle origini, prima del grande peccato. […] Così Dio sta ricostruendo in noi l’uomo nuovo, ma spesso trova un ostacolo nella nostra poca disponibilità a compiere un cambiamento. Siamo ancora troppo condizionati e dipendenti dalle leggi della natura che premiano il più forte o il più dotato. Sono leggi giuste nel regno animale per tutelare l’equilibrio ecologico e garantire la sopravvivenza della specie, ma non per coloro che aspirano a diventare figli adottivi di Dio: sono estranee al Regno soprannaturale dello Spirito perché appartengono ad un regno inferiore. Le leggi del Regno soprannaturale sono esattamente l’opposto di quelle del regno naturale. L’istinto di prevaricazione dovrà essere sostituito con la mitezza e il rispetto; lo sfrenato possesso con l’altruismo e la generosità; le deviazioni sessuali con un’etica sessuale sana; la vendetta col perdono; l’odio e l’egocentrismo con l’amore e l’umiltà.

Questo è uno dei passi che di più mi fanno riflettere sulla fine del mondo (Apocalisse) e sulla seconda venuta di Gesù (Parusia). Il mondo sembra proprio pronto e le profezie dell’Apocalisse si sono avverate tutte: prima la nascita e la diffusione dell’Islam a partire dal 600, successivamente la nascita della Massoneria (la “bestia nera”) nel 1700, infine quella del Comunismo (il “drago rosso”) nel 1800, per concludere con la diffusione mondiale del Comunismo nel 1900 e la nascita dei mass media (in particolare vizi e pornografia di ogni tipo tramite TV e internet), nonché la droga, l’epidemia di HIV, il Covid-19. Ma quei 2 secoli hanno anche visto l’intensificarsi delle apparizioni mariane (quelle riconosciute) ad annunciare una imminente fine dei tempi: 8 nel 1800 e sempre 8 nel 1900, oltre a quelle di Medjugorje che continuerebbero ininterrottamente dal 1981 ad oggi, di cui le prime 7 sono state ufficialmente riconosciute dalla Chiesa. Il nuovo millennio ha portato ad una recrudescenza di tutti i fenomeni che erano stati annunciati nell’Apocalisse e poi rimarcati nelle apparizioni: dai Talebani all’ISIS, dal potere russo e cinese, alla Massoneria infiltrata nel clero dai tempi del caso Calvi (la “bestia simile ad agnello”), per finire con il Covid-19. A tal proposito, questo è il settimo coronavirus ad essersi rivelato infettivo per l’uomo, cioè è un’altra inquietante similitudine con il passo dell’Apocalisse che dice: «Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi» (Ap 3). È curioso sapere che il Covid-19 si presenta al microscopio elettronico con punte rosse triangolari simili a corna, appunto quelle che lo rendono simile ad una corona:
  • http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5337&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto
  • https://phil.cdc.gov/Details.aspx?pid=23311
Se vogliamo trovare marchi sulla mano e sulla testa non abbiamo che da scegliere: smartphones, telecomandi, wearable devices, visori VR, gaming consoles, carte di credito, interfacce uomo-macchina, etc. Certo, se fossero apparsi in visione a Giovanni, tali “marchi” dovettero sembrare parecchio strani ad un uomo vissuto 2000 anni fa. Ma, con un po’ di fantasia, possiamo ritrovare nella sua descrizione molte tecnologie a noi familiari. Infatti, tecnologie quali TV, internet e social networks sono diventati veri e propri porti franchi in cui succede di tutto: propaganda d’odio, messaggi subliminali, corruzione dei costumi, diffusione delle idee sataniche e massoniche, persino nei videoclips musicali e nei cartoni animati. Secondo un racconto di don Gabriele Amorth, lo stesso Padre Pio profetizzò della TV: «Vedrai che uso ne faranno!»

Il grande problema di oggi è d’aver messo l’animale-uomo al centro di un nuovo umanesimo senza Dio, ove l’autosufficienza dell’uomo ne è la caratteristica principale. Secondo la cultura prevalente, l’uomo si evolve da sè, si autodivinizza, rende se stesso albero della conoscenza del bene e del male. Non riconoscendo la creazione perfetta dell’Uomo operata da Dio, non riconosce nemmeno il peccato originale, quindi non si sente bisognoso di Redenzione. Per lui la Redenzione è un termine vuoto, privo di significato. La sua presunzione lo rende cieco: non riconosce la sua malattia. Perciò non può farsi né una diagnosi e tanto meno darsi una cura. Più che mai si sente infelice, non realizzato, ma non sa il perché. Se l’umanità attuale vive in uno stato di sofferenza per le sue innumerevoli alterazioni psicofisiche, è chiaro che ha bisogno di guarigione. Ma se vuole avere una terapia, è necessario che prima faccia una profonda anamnesi. Se non prende coscienza delle sue origini e del dramma che l’ha colpita, come potrà capire qual è la cura che può ridarle la salute e una vita accettabile? Abbiamo visto che molte malattie attuali, sia fisiche che psichiche, trovano la loro prima causa nella distorsione genetica avvenuta per la sovrapposizione e la combinazione dei cromosomi delle due specie, quella dell’Uomo perfetto e quella degli ancestri che pure loro, nella loro specie, erano perfetti. Senza tener presente questa realtà è impossibile trovarne il rimedio. E quanto prima l’uomo ricostruirà in sé l’immagine di Dio, tanto prima si disporrà a ricevere la Somiglianza con Dio. Tale discorso è di una complessità e di una vastità immense e al contempo di una semplicità estrema ed interessa non solo la teologia, ma molte discipline della scienza. Ma Dio, che ha creato l’uomo e conosce la sua realtà, e sa che c’è un rimedio alla sua solitudine e a tutti i suoi mali, da Buon Padre gli dice: “uomo, torna a Me ed Io ti ricostruirò”. Ora più che mai, con la seconda creazione, ossia con la Redenzione […] La nostra redenzione individuale richiede volontà, sforzo e dolore perché questa strada in salita presuppone il superamento del nostro ‘io’. Questa è la nostra partecipazione consapevole all’opera di restauro divino della nostra natura, quella che S. Paolo ha definito “ciò che manca alla Passione di Cristo”. Guai se non fosse così! Perché, se la Redenzione ci venisse donata senza nostra fatica, così per incanto, rischieremmo di ripetere l’errore del primo Uomo che si credette autosufficiente e non accettò la sottomissione a Dio. […] “Padre Santo, come Tu sei in Me e Io in Te, fa che anch’essi siano una cosa sola in Noi” … E la Gloria (sinonimo di Spirito) che Tu desti a Me Io l’ho data ad essi affinché siano una cosa sola come una cosa sola siamo Noi”. Questa è la preghiera, detta in parole semplici, che Gesù rivolge al Padre nel Vangelo di Giovanni poco prima dell’ultima cena (Gv 17,21-22). […] La Redenzione è un dono talmente grande che è difficile per noi umani comprenderla appieno. Significa che, grazie a Gesù, possiamo aspirare all’eredità della Vita eterna in Dio come se non fossimo mai stati contaminati dal peccato d’origine. Naturalmente a delle condizioni ben chiare:
  1. saper lottare contro gli istinti che abbiamo ereditato dal regno animale andando in controtendenza,
  2. dimostrando piena fiducia in Dio. Ciò vuol dire imparare a pensare come Dio, che è essenzialmente Amore, e assoggettarci con convinzione alle Sue Leggi che non si limitano ai dieci Comandamenti.
La Legge dell’Amore si realizza piuttosto nelle Beatitudini (Mt 5,3-11). Se qualcuno ne resta affascinato e comincia ad incamminarsi per questa strada, con suo stupore si accorgerà che ha trovato equilibrio e serenità già in questa vita. In tal modo Cristo, vero Figlio di Dio, viene innestato in noi e il fico sterile diventa fruttuoso. Il redento allora potrà dire che non è più lui che vive, ma che è Gesù che vive in lui, come ha intuito S. Paolo. Gesù diventa allora il nostro carrello trasportatore, Colui che mette a nostra disposizione i Suoi meriti perché i nostri, che sono ad un livello terreno, sono insufficienti. Come può l’uomo, allora, disporsi a questo innesto? Riconoscendo che Gesù è vero Figlio di Dio e che ha la facoltà di donarci il Suo Spirito. Ripeteva don Guido le parole di Giovanni: “Haec est vita aeterna, ut noscant Te qui misisti Jesum Christum Filium Tuum”, questa è la Vita eterna, che conoscano Te, o Dio, che inviasti Gesù Cristo, Figlio Tuo (Gv 17,3) per salvarci. ‘Conoscere’ in senso biblico non significa solo venire a conoscenza, ma vuol dire soprattutto ‘condividere la stessa intimità’ o la stessa realtà. È ‘il riconoscere’ che Dio ci ha inviato Gesù che ci rende idonei a diventare partecipi della Sua stessa Vita soprannaturale e a godere attraverso di Lui la Vita eterna in Dio pur mantenendo la nostra identità! È una Vita di relazione piena, appagante. Questa è la Redenzione! È implicito che, se riconosciamo Gesù quale Autore della nostra dimensione spirituale, dovremmo conformarci all’insegnamento del Vangelo.

Quanto è vero che ci assurgiamo ad albero della conoscenza del bene e del male: giudichiamo tutti, polemizziamo su qualsiasi cosa, approviamo chi ci sta simpatico e condanniamo chi ci sta antipatico. Siamo attratti dai populisti, dai dietrologi e dai maligni: tutti coloro che parlano alla pancia delle persone riscuotono grandissimo successo perché si rivolgono ai nostri istinti più bassi. Eppure, nel Discorso della Montagna Gesù ha detto cose banali da capire per chi ragiona con la testa: «Se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste [] perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti.» (Mt 5,46-48; Mt 5,45)

Dio, nella Sua infinita Misericordia, ci ha inviato Gesù. Questi ci ha lasciato in eredità il “Discorso della Montagna” (le Beatitudini), che ci serve per vivere una vita serena secondo una logica che esporrò tra breve. Ma in cosa consiste davvero questa “Misericordia” che Dio ci ha regalato e che noi dobbiamo regalare a nostra volta?

Quando si parla di Misericordia spesso si cade nell’incomprensione perché nel linguaggio comune il termine ha assunto un significato di condiscendenza, di indulgenza nei confronti delle debolezze umane. Misericordia invece significa: ‘donare il proprio cuore al misero’. E poiché il Cuore di Dio, che è Puro Spirito, è ‘lo Spirito’, la Misericordia di Dio è il dono che Dio fa all’uomo, diseredato e misero, del Suo stesso Spirito. Questa è innanzitutto la Misericordia! […] Questa Vita Divina è il Dono grande e meraviglioso che Dio fa all’uomo con il Battesimo: gli dona il Suo Spirito, una Particella divina, una Particella di Se stesso, purché l’uomo rinunci a Satana, cioè a colui che è il re del regno della morte spirituale. Per dominarci e manipolarci Satana cerca di tenerci legati agli appetiti del regno animale e fa di tutto perché noi ignoriamo la sua vera identità. Inoltre Gesù ha provveduto, con infinita Misericordia, ad accrescere nell’anima la Luce dello Spirito donandoci altri Sacramenti, primo fra tutti l’Eucarestia, che è una fonte inesauribile non solo di Vita spirituale, ma anche di guarigione dell’anima e del corpo.

A te che hai letto questo post, lascio la mia ultima e personalissima considerazione sul Peccato, la quale in realtà non riguarda la sfera religiosa: questo è un altro grande inganno del demonio, cioè farti ricondurre le cattive azioni alla religione, che è un argomento noioso, aleatorio e distante. La vera vittoria di Satana è l‘egoismo, perché grazie ad esso, concentrandoci esclusivamente su noi stessi e sui nostri bisogni, possiamo dimenticarci che Dio esiste e soprattutto che Satana esiste. Il diavolo ti convince che tu sei il dio di te stesso (perché così tenderai ad auto assolverti), che sei libero di fare ciò che ti viene sul momento (così credi di averlo fatto in buona fede) e che il peccato al massimo riguarda la confessione (tanto poi c‘è l‘assoluzione…), ma certamente non inficia sulla tua vita di tutti i giorni. Alla fine pensi di essere una brava persona: chi penserebbe il contrario di se stesso? E invece, quando compi un‘azione sbagliata, la tua coscienza se ne rende perfettamente conto e la conseguenza immediata riguarda proprio la tua vita quotidiana. Prendi ad esempio un litigio: se parte da te, probabilmente è perché ritieni di aver subito un‘ingiustizia e odierai l‘altra persona, avvelenandoti il sangue e innescando dall‘altra parte una risposta pari o superiore alla tua. Infatti tipicamente l‘altro ritiene di averti fatto poco o nulla, o di aver subìto a sua volta un torto. Vi eviterete, oppure uno o entrambi vi provocherete per cercare un‘escalation ancor più negativa: cioè ormai l‘azione iniziale vi sta già condizionando. Dopo un po’ di tempo magari ti chiederai se quel litigio poteva essere evitato, se forse hai esagerato, se puoi porvi rimedio, se puoi riappacificarti. Oppure, comincerai a spargere veleno contro l’altra persona, senza però trovare mai una piena soddisfazione al torto che ritieni di aver subìto da essa. Casomai, e solo in ultima istanza, ti porrai il problema di aver peccato: probabilmente perché vuoi confessarti e non certo con l’intento di porgere l’altra guancia. Lo scrittore e predicatore domenicano Jean-Baptiste-Henri Lacordaire (1802-1861) ammoniva: «Vuoi essere felice per un istante? Vendicati. Vuoi essere felice per sempre? Perdona. Vuoi guarire dal male che hai dentro? Dimentica.»

A proposito del perdono e del porgere l’altra guancia, è necessario un chiarimento su questa frase di Gesù. Questa Sua affermazione viene presa alla lettera per farne un motivo di scherno, una sfida irrealizzabile e quindi un pretesto per rimanere immobili. Eppure, al di là dell’aforisma di padre Lacordaire, Gesù non ha mai detto di dimenticare o di scusare il male ricevuto, ma di reagire ad esso in modo inatteso: con il perdono e con la gentilezza. Invece, quando le stesse cose sono state dette e praticate da Gandhi, non hanno provocato né scherno, né tantomeno immobilismo. Al contrario, sono state di ispirazione per tante generazioni, pur ricalcando consapevolmente o inconsapevolmente il messaggio che ci ha lasciato Gesù. Due pesi e due misure che nulla tolgono alla grandezza di Gandhi, ma che ancora una volta ci devono far riflettere sui motivi o sulle forze che spingono gli esseri umani a minimizzare il messaggio contenuto nel Vangelo. Ma quindi, nel mondo reale, com’è davvero possibile perdonare chi ci ha fatto male? Sembra un atto impossibile e per questo voglio condividere le istruzioni pratiche che ho tratto dal sito aleteia.org a cura di molti autori.

Il nostro cuore si ribella al perdono e non accetta la presunta sottomissione: il danno resterà impunito? E se succedesse di nuovo con qualcun altro? Il perdono sembra un indulto che noi rifiutiamo e al contrario desideriamo che il colpevole paghi per tutto il male che ha fatto, che soffra lo stesso dolore che stiamo soffrendo noi, e anzi che soffra di più perché è colpevole! Ecco che la rabbia, il rancore e il desiderio di vendetta ci consumano come un veleno che ci toglie la gioia e la pace anche solo per qualche momento. Vorremmo cambiare la storia, quel giorno del passato, il giorno dell’offesa, dell’abuso, della parola che ci ha ferito. Vorremmo cancellarlo e dimenticarlo, ma non possiamo.

Ecco, perdonare significa disobbedire al dolore che ci chiede vendetta. «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette». Eppure, il problema del perdono rimane un problema irrisolto. Infatti, non basta sapere che Gesù ci dice che dobbiamo perdonare all’infinito: il vero problema è la sensazione che abbiamo di non avere in mano le redini del perdono, perché ci sono delle situazioni che noi vorremmo perdonare; tuttavia, il dolore e la rabbia che ci portiamo dentro sembrano più forti della nostra stessa volontà e del nostro stesso proposito. Ma è proprio qui che forse dovremmo fermarci un istante e sostare. Perdonare significa smettere di provare dolore e sofferenza per il male ricevuto?

Ci sono molte offese che abbiamo difficoltà a dimenticare: ad esempio, non possiamo chiedere alle vittime di un attentato o ai genitori di un figlio assassinato di dimenticare il male che hanno subìto e chi ne è stato l’autore. È normale e sano che queste persone si ricordino ciò che hanno vissuto, che elaborino tale lutto e che rivendichino il diritto di non dimenticare gli eventi di cui sono state vittime. Talvolta si parla del “dovere di ricordare”, ma ciò sta a significare che ci sono offese che non possono essere perdonate? Dimenticare l’offesa subita non dipende da noi, perché non possiamo decidere di cancellare ciò che vogliamo quando lo desideriamo. E di ciò facciamo tutti esperienza: ci sono ferite profonde o leggere che vorremmo dimenticare, eppure rimangono vive nella nostra memoria. E quando abbiamo un vero desiderio di perdonare coloro che ci hanno ferito, questa nostra incapacità di dimenticare ci turba o comunque ci sorprende: “Se non ho dimenticato vuol dire che non ho perdonato veramente”. Allora, dato che la nostra memoria rifiuta di scordarsi certi eventi, significa che non siamo in grado di perdonare per davvero?

La Risurrezione non è dimenticare la Passione”, ha detto un giorno il cardinale francese Jean-Marie Lustiger. Allo stesso modo, il perdono non è dimenticare l’offesa. Ciò che è valido per il perdono concesso agli altri, è valido anche per il perdono che dobbiamo concedere a noi stessi. Se il nostro passato ci impedisce di vivere in pace, di essere pienamente noi stessi, è il segno che dobbiamo perdonarci e che dobbiamo perdonare gli altri. Quindi, per perdonare bisogna ricordare. Il processo del perdono non consiste nel negare la ferita e seppellirla il più possibile. Al contrario, la via del perdono è prima di tutto la via della verità: per perdonare bisogna prima di tutto capire che si è stati offesi. Ma perché riportare in superficie delle ferite apparentemente dimenticate? Perché, se le offese non sono state perdonate, saranno come una fonte appestata che rilascia veleno. Quante ferite subite in passato perturbano i rapporti familiari quando si pensava che ormai fossero morte e sepolte!

Ciò che riguarda i nostri sentimenti non riguarda più la nostra volontà. Non possiamo comandare a noi stessi di sentire o non sentire qualcosa. La rabbia, come il rancore, o l’amore e la gioia, non sono cose che proviamo a comando. Sono cose che ci capitano senza che noi possiamo fare molto. La nostra volontà però può decidere che cosa fare di quella rabbia, di quel dolore, o di quell’amore e di quella gioia. Cioè la nostra volontà può decidere cosa fare di ciò che sentiamo e che molto spesso non abbiamo deciso noi. Quindi perdonare significa non lasciare che la rabbia e la sofferenza decidano al posto nostro, significa opporre resistenza a ciò che esse suggeriscono: perdonare significa disobbedire al dolore che ci chiede vendetta. Bisogna ragionare come un bambino piccolo che piange perché qualcuno l’ha spinto: essere preso in braccio dalla madre lo calma ed è proprio a quella madre che il bimbo racconta l’accaduto e chiede giustizia. Noi saremo capaci di perdono solo se ci lasceremo prendere in braccio dall’amore di Dio, se chiederemo a Lui la miglior giustizia che, lungi dall’essere vendetta (cioè reazione), è l’occasione di crescita per tutti coloro che sono coinvolti.

Tornando a Gandhi, a questo link si trova una bellissima lettera scritta idealmente ad una classe scolastica, che ha raccolto alcuni degli aforismi che lo hanno reso grande: http://www.ilpuntoquotidiano.it/alboscuole/una-lettera-da-ghandi

Dalle rivelazioni a don Guido abbiamo appreso che gli animali erano dotati di una psiche semplice e dell’istinto (es. Eva andava in calore), di cui Dio li aveva dotati sicuramente perché fossero autonomi nel nutrirsi, nel difendersi e nel moltiplicarsi senza dover dipendere dall’uomo e senza essere dotati di funzionalità più evolute quali ad esempio la coscienza, il raziocinio e la libertà: tutte caratteristiche che invece erano state riservate agli Angeli prima e all’Uomo poi. Ed entrambi, gli Angeli prima (quelli ribelli) e l’Uomo poi, liberamente decisero di abusare della libertà che gli era stata concessa, cioè di tradire la fiducia di Dio.

Quali sono questi istinti che erano propri degli animali? Se la scienza non ci inganna, sono considerati istinti primari la nutrizione, la riproduzione, l‘auto affermazione, la curiosità. Adamo, nascendo già con tutti i doni preternaturali dello Spirito di Dio, ma anche con le infinite risorse messe a sua disposizione all’interno del giardino dell’Eden, non aveva alcuna ansia nel procacciarsi cibo e acqua, nel costruire opere di sfruttamento della natura, nel pianificare la riproduzione della propria specie. Invece, con l’ibridazione e la conseguente introduzione di geni animali nella specie umana, Caino risultò totalmente schiavo degli istinti animali. E la razza umana lo è tuttora: cibo, sesso, auto affermazione e soldi; oppure il potere, che serve a procurarsi più facilmente cibo, sesso, auto affermazione e soldi. Durante la ri-evoluzione, tali istinti si sono a loro volta evoluti in vizio e schiavitù. Fame e sete si sono trasformati in gourmet, enologia, diete, fino ai junk foods e junk drinks. La riproduzione si è evoluta in sesso libero, sessualità liquida e pornografia. L’auto affermazione di sé è talmente diffusa che basta fare una coda qualsiasi in posta, nel traffico o al supermercato, per incontrare qualcuno che cerca di scavalcare gli altri e così affermare il proprio primato sulle altre persone. La curiosità nell’uomo si è via via evoluta in pensiero complesso, creatività e scienza; ma tutto ciò è stato asservito al denaro per un motivo molto semplice. L’istinto animale di imitazione, che serve ad acquisire dai propri genitori o dal capo branco quei comportamenti che sono necessari alla sopravvivenza, negli esseri umani si è evoluto in emulazione. Ma rispetto agli animali, abbiamo acquisito un nuovo comportamento, che viene continuamente additato anche da Gesù: l’ostentazione, cioè una pozione velenosa composta da egoismo, auto affermazione e invidia. Si tratta di un vizio che agisce sul cervello con un meccanismo simile alle droghe pesanti: soddisfazione temporanea, assuefazione rapida e depressione durante le fasi intermedie. E, esattamente come le droghe, richiede di essere costantemente finanziato per poter avere sempre qualcosa di nuovo da ostentare.

Da questa miscela esplosiva di cupidigia e incuranza del prossimo sono nati ad esempio gli incendi in Amazzonia finalizzati allo sfruttamento intensivo delle risorse terrestri da parte di pochi, in barba ad un polmone che serve all’intera umanità. Esempi di minacce che possono sfuggire al controllo di chi le ha realizzate sono gli incendi in Australia, le armi batteriologiche (e forse anche il Covid-19), le armi cibernetiche (sicuramente il malware Petya). Possiamo parlare degli incidenti nucleari o dei test missilistici, i cui cocci vengono nascosti sotto il tappeto degli oceani, avvelenando le acque e il cibo che finiscono nel nostro sangue. Ma possiamo anche citare il protocollo di Kyoto e i summit che ne sono seguiti, rimasti lettera morta perché non convengono né ai Paesi OPEC, né a quelli in via di sviluppo, né ai grandi produttori di veicoli a combustibile fossile. Potrei continuare con le sostanze psicotrope, il nazismo, la pedofilia e tutte le espressioni più aberranti della creatività umana. Insomma, l’uomo soddisfa i propri bisogni immediati senza curarsi né del prossimo, né di ciò che succederà a se stesso tra 10 anni, né dell’eredità che lascerà ai propri figli. Opera senza una vera strategia, come se dovesse vivere per sempre, esattamente come un animale che pensa a mangiare oggi, non pensa che potrebbe morire domani e invece crede di potersi vaccinare contro la povertà accumulando per se stesso ricchezze che spesso non riuscirà a consumare nemmeno in 3 generazioni. «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio» (Lc 12,20-21). E ancora San Paolo nella prima lettera ai Tessalonicesi: «il giorno del Signore verrà come un ladro di notte. E quando la gente dirà: ”C’è pace e sicurezza!, allora d’improvviso la rovina li colpirà, come le doglie una donna incinta; e non potranno sfuggire» (1Ts 5,2-3). Qui San Paolo anticipa il tema della “falsa pace” preannunciato nell’apparizione mariana di La Salette.

Gli uomini di marketing che lavorano dietro i mass media conoscono perfettamente tali meccanismi e insistono su di essi in modo tale da poter vendere più facilmente i format, le serie televisive, i film e tutto l’indotto che questi procurano: pubblicità, eventi live, sponsorizzazioni. Io stesso sono uno di loro e il mio scopo è smascherare alcune distorsioni operate da persone prive di scrupoli. La televisione trabocca di sesso sotto forma di quella pornografia che un tempo veniva chiamata “soft-core”, nome che serviva per distinguerla da quella “hard-core”, cioè quella in cui l’atto sessuale è esplicito, ormai anch’essa liberamente fruibile da tutti su internet. Persino nei reality show che sono visibili da grandi e piccini negli orari di fascia protetta, il pubblico è in costante attesa dell’immancabile flirt tra i concorrenti, ma soprattutto del sesso clandestino che ne può conseguire, che è molto più interessante di una banale spaghettata di mezzanotte. Il movente iniziale con cui i reality show erano stati creati era quello di condurre un esperimento sociale, ma di quella pia giustificazione ormai si è persa memoria: ancora una volta il tentatore ha usato un fine apparentemente accettabile per usarlo contro di noi. Il diavolo prima sdogana la “scusa” (cioè la “scusante”, il “fin di bene”), poi induce una piccola fazione a scavare un piccolo tunnel. Infine, una volta abbattuto il tabù, è solo una questione di tempo: in tal modo, dove prima non c’era nulla, adesso c’è un’autostrada a 4 corsie per senso di marcia. È la Finestra di cui Joseph P. Overton si è accorto...

La TV è bulimica di programmi culinari: cucine e pasticcerie da incubo, 4 ristoranti, food advisor, contests per chef, pasticcieri, panetterie, e la lista è molto più lunga. Per non parlare dei modi facili con cui arricchirsi: con aste, pegni, acquari, restaurando auto, case, officine, cercando oro, giada, tesori dei pirati, e anche qui la lista è infinita. In ambito di auto affermazione, la proposta di modi con cui diventare ricchi e famosi è altrettanto infinita: cantando, ballando, cucinando, facendo tentare i propri fidanzati, sposandosi con uno sconosciuto, andando all’isola dei VIP bolliti, diventando trapper, influencer, youtuber, e via dicendo. Il denominatore comune di tutte queste montature è quello di far immedesimare lo spettatore con uno storytelling credibile, che faccia leva sul Neuromarketing e che presenti il successo finale come un risultato semplice da ottenere. All’interno di questi format tutto sembra spontaneo, genuinamente emozionante e non certo irraggiungibile: insomma, la costruzione viene presentata in modo credibile e i 3 cervelli vengono presto catturati! Il risultato è che ci facciamo educare a cibo appetitoso, sesso sempre disponibile, soldi facili, fisici giovani e apparentemente in forma, fino a mutarli nei nostri desideri primari e nelle nostre frustrazioni quando scopriamo che niente è così gustoso, facile e veloce. Ma Gesù ci aveva messi in guardia: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!» (Mt 7,13-14). E in argomento propongo una breve raccolta molto illuminante di aneddoti relativi a San Pio da Pietrelcina, che una signora molisana ha estratto dal libro “Il Padre” di padre Marcellino Iasenzaniro: http://www.brunellapavone.net/salvare_anime.htm

Con tale rivelazione abbiamo capito una cosa: Caino aveva ereditato la sua natura completamente istintiva dal DNA ancestre e l’ha trasmessa a noi, sua progenie, che successivamente abbiamo beneficiato di alcune “rettifiche” operate da Dio nel corso della Storia. Quindi, la natura degli uomini è quella animale e legata agli istinti primari (il cosiddetto “cervello rettile”, l’amigdala), che si sono evoluti anch’essi fino ad essere mascherati dal tentatore in qualcosa di bello, buono, giusto. E la nostra neocorteccia (la parte di cervello più recente) passa la vita a giustificare scelte che sono state influenzate dal cervello limbico (la parte di cervello intermedia, quella che si emoziona), ma che in realtà sono state elaborate dal nostro cervello rettile (la parte di cervello più antica), che è il nostro vero “decision maker”. Ne ho parlato in modo approfondito qui: https://aftermanict.blogspot.com/2018/10/senza-titolo.html

Ne consegue che ogni individuo è più o meno schiavo dell’istinto primario a seconda del proprio temperamento, del DNA e dell’educazione che ha ricevuto: comunque è schiavo del vizio. Solo operando vere e proprie forzature alla nostra natura animale attraverso azioni consapevoli e volontarie, possiamo vivere bene e guadagnare la vita eterna. Quello che Dio ha voluto dirci tramite parole, miracoli e azioni di Gesù è che dobbiamo tenerci lontani dagli istinti quanto più possibile. L’istinto è la vera tentazione: il diavolo ci giustifica, noi ci auto assolviamo. Quando poi ci presenteremo al cospetto di Dio, il diavolo ci accuserà (Ap 12,10) e solo la fede in Gesù ci giustificherà.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

La sintesi dell’Autrice è tratta da questi siti:
http://www.genesibiblica.eu/docu/genesibiblica2003.html [PREFAZIONE AL LIBRO]
http://www.donguidobortoluzzi.com/lopera-di-don-guido-bortoluzzi [SINTESI COMPLETA DELLE VISIONI]
Don Stefano Gobbi “Ai sacerdoti figli prediletti della Madonna”, disponibile gratuitamente partecipando ai seminari del Movimento Sacerdotale Mariano e presso  URL che cambiano es. http://www.fratiminoriosimo.it/s0/wp-content/uploads/2016/09/Ai-Sacerdoti-Figli-prediletti-della-Madonna-Don-Stefano-Gobbi.pdf